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Da Foggia a Bruxelles passando per Pompei

Commento pubblicato su La Gazzetta di Parma

L’altro giorno un gruppo di americani che vive a Foggia da anni, ha deciso in libertà di prendere la ramazza e ripulire il parco San Felice. “Volevamo dare un contributo sociale e morale alla città”, hanno spiegato. Con sacchetti per l’immondizia e rastrelli improvvisati gli americani hanno fatto quel che i foggiani avrebbero potuto o dovuto fare da tempo e da soli, o no?
Quasi in contemporanea l’Unesco ha rivolto un umiliante ultimatum al nostro governo: se entro il prossimo 31 dicembre non si adotteranno “misure idonee” per la salvaguardia di Pompei, l’Italia rischia di perdere l’onere e l’onore che il mondo ha attribuito alle nostre rovine universali. Abbiamo da poco consolidato l’invidiabile primato di nazione col maggior numero di “iscrizioni” dei suoi siti quali “patrimonio dell’umanità”: ben 49 su 981. Siamo la prima super-potenza della cultura, dunque. Ma col cartellino giallo appena esibito, l’Unesco ha fatto ciò che avrebbero dovuto fare tutte le istituzioni italiane preposte, o no?

Se dalle lezioni ecologiche e dallo stato dell’arte passiamo all’economia, le note sono ancor più dolenti. Non cala giorno senza che dall’Europa qualcuno si svegli, dalla signora Angela Merkel all’ultimo funzionario di Bruxelles, per dirci come governare l’Italia. Taglia di qua, abbassa di là, guai a voi se non fate questo o quello. E ci indicano pure la data entro la quale presentare i compiti. Ormai la musica va avanti da mesi, come se non fossimo la terza economia del Continente, il secondo Paese esportatore e con una ricchezza generale che, pur assediata dalla crisi senza fine, regge perché poggia su un sistema imprenditoriale, bancario e familiare ancora vivo e forte. Ma anziché ubbidire agli ordini altrui, dovremmo essere noi a darceli, quegli ordini di risanamento pubblico, di riduzione delle imposte, di rilancio dei consumi, o no?

Da Foggia a Bruxelles passando per Pompei il male oscuro che divora l’Italia, e che il perentorio ma meritorio intervento degli stranieri mette in risalto con l’evidenza infantile de “il Re è nudo”, è l’assoluta mancanza del principio di responsabilità. Se a Foggia i foggiani finiscono per delegare agli americani volenterosi la pulizia del loro parco, è perché si saranno detti “non spetta a me tirar su l’immondizia lasciata da altri sul prato”. Il che, naturalmente, è vero: esistono le amministrazioni comunali, provinciali, regionali o statali a ciò e a molto altro adibite. Ma se per incuria, incapacità, cattiva organizzazione o assenza di fondi l’amministrazione non provvede, che si fa? Si lascia la spazzatura per giorni, settimane, addirittura anni -vedi Campania con la sua “monnezza” che fece il giro informativo del mondo-, in attesa che si muova l’ufficio competente? Si lasciano in rovina le rovine di Pompei? Ci si lascia intimidire in tedesco dall’ultimo ragioniere di Bruxelles?

Ecco, bisogna guarire dal “chissene”, come dicono a Roma, cioè “chi se ne importa”. Non occorrono né soldi né volontà particolare né studi geniali alle spalle perché ogni cittadino, nel suo piccolo, dia “un contributo sociale e morale alla città”, per usare le parole riconoscenti di quegli americani a Foggia. Se lo Stato “siamo noi”, come a volte -poche volte- si sente dire, e se lo Stato non funziona, allora siamo noi che dobbiamo sorreggerlo col civismo. In fondo non è difficile. Basta non girarsi dall’altra parte e non trovare sempre l’alibi del “non tocca a me”. Ormai tocca a tutti noi preoccuparci e occuparci del bene comune, soprattutto dopo che negli anni la politica ha dato così misera prova di sé nel saper gestire, amministrare, organizzare, indicare un traguardo e la strada per raggiungerlo. La riscoperta del civismo è la scelta più “politica” che gli italiani possano oggi compiere, se vogliono bene a se stessi e all’Italia almeno quanto ce ne vuole il mondo.

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