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Perché la Francia voleva nascondere l’arresto di Ablyazov?

È stata una fuga breve, quella di Mukhtar Ablyazov, il controverso dissidente kazako arrestato ieri nella sua residenza di Mouans-Sartoux, a una decina di chilometri a nord di Cannes, nel sud della Francia.
L’uomo chiave del caso Shalabayeva aveva lasciato da poche settimane Londra, dove godeva dello status di rifugiato politico concesso dalla Gran Bretagna. Di lui si erano perse le tracce lo scorso maggio, quando aveva abbandonato Roma, dove festeggiava un compleanno, per mettersi al riparo da un mandato di cattura emesso dal suo Paese natale, da Russia e Ucraina.

Per lui l’accusa di frode fiscale internazionale, in cui sarebbero coinvolti anche istituti di credito italiani. E in questo giallo kazako dai rivolti geopolitici e dalla ribalta intercontinentale, proprio l’Italia ha rischiato di pagare il prezzo maggiore. Sempre lo scorso maggio Alma Shalabayeva e la piccola Alua, rispettivamente moglie e figlia di Ablyazov, sono state espulse dal nostro Paese con un’operazione di polizia considerata illegittima dai legali del discusso dissidente.

Un’eventualità che ha messo sotto stress il governo di larghe intese di Enrico Letta, minandone la coesione e la credibilità. L’espulsione non è tuttavia scevra di dubbi, ancora da chiarire, sulle azioni compiute dalle Forze dell’ordine, dal Viminale e dalla stessa donna.

Dubbi che la stampa internazionale – in special modo quella anglosassone – ha cavalcato in modo forte, con attacchi mirati che molti osservatori hanno considerato strumentali a ridimensionare il ruolo dell’Italia, che con la ricca repubblica kazaka intrattiene rapporti commerciali privilegiati nel settore degli idrocarburi e non solo.

Ieri una svolta nel caso: l’arresto dell’uomo, che ora potrebbe essere estradato in Kazakhstan o in un’altra nazione. A destare particolare attenzione è stato però l’atteggiamento della Francia, che anche diverse ore dopo l’operazione ha continuato a smentire l’arresto.

Tutto ciò nonostante sia i legali di Ablyazov avessero confermato al Financial Times la detenzione del dissidente sia il figlio Madiyar avesse pubblicato su Facebook un post nel quale chiedeva che suo padre, detenuto in Francia, non subisse lo stesso trattamento riservato dall’Italia a sua madre Alma e sua sorella Alua.

Dapprima era arrivata la smentita della procura di Grasse: “Ci sembra strano perché tutto passa da noi. Noi non ne sappiamo nulla“. Anche al commissariato di Cannes si erano detti estranei alla vicenda del dissidente kazako. “Mi pare strano, perché lo saremmo venuti a sapere“, avevano spiegato. E a Parigi anche il servizio stampa del ministero francese dell’Interno aveva detto di non essere a conoscenza dell’arresto di Ablyazov. Ma “faremo le dovute verifiche“, avevano assicurato le fonti, ignare non si sa fino a che punto.

Poi una breccia nel muro transalpino (sostenuto anche dalla stampa francese, avvolta da un inconsueto e impenetrabile silenzio): si fa largo la notizia che Ablyazov sarebbe stato rintracciato e trattenuto vicino Nizza, in una villa, dagli uomini della Gendarmeria locale, che alcune indiscrezioni hanno poi confermato con insistenza essere una cella di sicurezza del Centre de Auvare della Police National, nel quartiere Roquebillière, zona Est di Nizza.

È di stamane invece la notizia che Ablyazov, ancora in stato di detenzione, è stato interrogato dai giudici della Corte d’appello di Aix-en-Provence, competente per territorio e in materia di estradizioni. Secondo fonti giudiziarie, con il Kazakhstan non c’è un accordo relativo e quindi, contrariamente a quanto si riteneva durante le prime ore, c’è la possibilità concreta che l’uomo venga estradato in Ucraina.

Gli notificheremo in mattinata la procedura d’estradizione di cui è oggetto, prima di richiedere che sia piazzato in stato di detenzione straordinaria. Non c’è un accordo d’estradizione tra la Francia e il Kazakhstan“, ha precisato il magistrato Solange Legras. “Con la Russia – ha continuato – nel caso specifico è possibile che sia scattata la prescrizione. Noi esaminiamo, dunque, quella dell’Ucraina, paese nel quale la banca Bta (Ablyazov era presidente di questo istituto di credito, il principale del Paese asiatico, ndr) aveva degli interessi“, ha spiegato il magistrato del tribunale d’appello.

Parole che delineano sempre più il futuro di Ablyazov, ma che non chiariscono per il momento quale sia il ruolo della Francia in questo caso sempre più inestricabile, nel quale affari e politica si mescolano in modo irreversibile. E che stimolano più di qualche riflessione sull’inesistenza, sempre più allarmante, di una politica estera unica per l’Unione europea.

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