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È crisi istituzionale e non vogliamo nascondercelo

Nella politica italiana ha preso il sopravvento una follia senza limiti che esplode in tutta la sua virulenza proprio quando dall’esito delle elezioni tedesche è chiaro di come da questa insana guerra bianca rossa e verde nessuno uscirà vincitore. È precipitata la situazione con la decisione dei parlamentari azzurri di dimettersi poiché si verifica una rottura istituzionale senza precedenti con il Presidente del Consiglio in carica il Pd da una parte e la posizione in bilico del Presidente della Repubblica che porterà a termine la preannunciata (al tempo dell’accettazione del secondo mandato) strada delle dimissioni, con tutte le drammatiche conseguenze che una scelta del genere comporta.

Questa catastrofe, ultima telenovela di continui capovolgimenti tra rottura e conciliazione di mai raggiunte larghe intese, non ha come responsabile solo il Cavaliere – che deve separare le sorti della sua persona da quelle istituzionali del Paese poiché è utile a lui, oltre che doveroso – ma anche un Pd nel cercare il voto in Giunta sulla decadenza di Berlusconi da senatore prima del pronunciamento di Milano sull’interdizione dai pubblici uffici, e più in generale incapace di capire che rovesciare per via giudiziaria l’avversario significa suicidarsi politicamente. Ma ci sono anche debolezze di un governo che è inevitabilmente rimasto vittima della cosiddetta questione dell’agibilità politica del capo di uno dei tre partiti di maggioranza. Noi siamo convinte che ci sono parlamentari che essendo stati eletti per garantire una guida al paese, si possono distinguere da questa guerra e ci aiutino a trovare soluzioni dignitose senza farci commissariare dall’Europa. Guardiamo alla Germania con un minimo di prospettiva: non esiste altra possibilità di una convergenza tra centro-destra e centro-sinistra. Infatti a caldo si è celebrata la vittoria elettorale della signora Merkel molto significativa e assolutamente improbabile per nessun soggetto politico italiano. Seppure per pochi seggi, Merkel e i suoi democristiani non governeranno da soli, e hanno aperto all’Spd per rieditare la Grosse Koalition di qualche anno fa. Berlusconi, Renzi o chiunque altro andranno alle elezioni, inesorabilmente, metteranno Pd e Pdl nella condizione di dover tornare a fare quel patto mai rispettato ,dopo gli assurdi tentativi “alternativi” di Bersani, l’empasse sulla Presidenza della Repubblica, e che ora sono entrambi ansiosi di rompere.

Per cercare di evitare in extremis non solo la caduta del governo ma anche l’ancor più grave collasso istituzionale, dopo il passo fatale di pdl e pd , le speranze sono riposte solo in Letta e Napolitano. Il primo andrà alle camere: pronunci allora un discorso alto e forte, prospettando ai partiti un patto vero di responsabilità costruito, questa volta, come un “piano di salvezza nazionale”. Il secondo non deve esitare – ma siamo certi che non avrà esitazioni – a mettere sul tavolo le sue dimissioni per indurre tutti a un minimo di ragionevolezza. Anche perché nel caso, prima di chiudere la legislatura e andare alle urne ci sarebbe da votare il successore di Napolitano, e la storia recente insegna che non è proprio facile, tanto più se in un contesto di rottura Pd-Pdl come quello in atto.

Noi non vogliamo andare alla guerra ma se non si arriva alla ragionevolezza è giusto che agli italiani sia restituito il diritto di dire la loro. Sapendo fin d’ora che è a rischio ci sarebbe la democrazia. E che l’Europa sarebbe di fronte al bivio, se lasciarci al nostro triste destino o se commissariarci come nemmeno in Grecia è successo.

Una riflessione dovuta e voluta la facciamo sul femminicidio che continua a consumarsi brutalmente in questa nostra Italia violata. Noi chiediamo “fatti concreti” a partire dalla conversione del decreto legge sulla questione e l’operativita’ della Convenzione di Istanbul,ben sapendo che gli 81 articoli della Convenzione portano con se la destinazione di azioni e risorse da mettere in campo, anche posizionandole come priorità per la sicurezza stessa del nostro paese. Sicuramente il lavoro puo’ essere lo strumento essenziale per liberare le donne dalla condizione di debolezza che le rende piu’ vulnerabili e quindi impossibilitate spesso a denunciare e perfino a difendersi. Ecco perche’ ci vogliono risposte concrete ma soprattutto risorse certe per tradurre in azioni le misure legislative, giudiziarie, sociali ed occupazionali da tutti auspicate ma che faticano a tradursi in realta’ restando solo sulla carta. Abbiamo una grande sfida davanti anche culturale che non possiamo trascurare e che dobbiamo invece perseguire sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle istituzioni per costruire una società più giusta e fondata sul rispetto e la dignità per la persona.

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