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Le frontiere della privacy e la libertà dei consumatori in Europa e Stati Uniti

Intelligence

La nostra era dell’informazione comporta l’esistenza, in alto, dei grandi motori di ricerca (Over the top) e in basso, dei social network (Facebook, Twitter, ecc.). I primi sono deterritorializzati. Non sono soggetti alla giurisdizione (e al fisco) degli Stati, ma solo degli Usa. Non si limitano a trasmettere notizie. Con incroci dei dati, monetizzano le informazioni della rete, creandone nuove, di elevato valore politico, strategico ed economico. I principali Over the top (Google, Yahoo, Apple e Micro-soft) sono americani.

L’asimmetria delle regole Usa rispetto a quelle europee e il fatto che la lingua di Internet è l’inglese conferiscono loro un enorme vantaggio competitivo globale. A livello locale – come hanno dimostrato le “rivoluzioni colorate” e la Primavera araba – i social network hanno eroso il dominio informativo che possedevano le piramidi dei sistemi di controllo e di sicurezza degli Stati. Modificano tempo e spazio. Annullando la distanza fisica fra gli individui, ne consentono la rapida mobilitazione. Internet costituisce una componente centrale del soft power americano. La sua rilevanza è destinata ad accrescersi con l’aumento del numero degli utenti e con la messa a punto di sistemi per analizzare le percezioni e gli umori dei cittadini e dei consumatori e per prevederne e influenzarne le preferenze. L’enorme disponibilità d’informazioni e il loro incrocio – automatico e poco costoso – conferisce un potere enorme. Esso aumenterà ancora con l’Internet protocol 6, che potrà gestire 340 miliardi di miliardi di miliardi di dati. Oggi gli utilizzatori di Internet sono due miliardi. Nel 2020 saranno cinque miliardi. Il numero degli accessi cresce all’impressionante tasso annuale del 30-40%. Il vantaggio competitivo che gli Over the top conferiscono agli Usa è accresciuto dall’asimmetria fra la normativa americana e quella europea. La prima privilegia la libertà dei consumatori; la seconda la privacy dei cittadini.

Tra le due un compromesso è difficile anche se, come afferma Bernabè, soluzioni tecnologiche sarebbero possibili, con la creazione progressiva di un secondo Internet. Ma il problema non è di principi, ma d’interessi, che d’altronde determinano valori e regole. Ottimisticamente, Bernabè auspica una posizione comune europea, premessa di una governance mondiale della rete e la fine del monopolio Usa. A parer mio, essa è tanto auspicabile quanto irrealistica, sebbene, con la sua arrogante egemonia su Internet, Washington rischia di perdere credibilità. Non rispetta infatti le regole democratiche che afferma di voler promuovere. Nel nuovo ordine mondiale multipolare, quindi più competitivo e conflittuale, è impensabile che gli Usa accettino di condividere il controllo su uno strumento tanto importante.

L’integrazione europea è in crisi. Gli Usa continuano a essere essenziali per l’Europa, mentre essa ha diminuito d’importanza per i primi. Con lo sviluppo delle neuroscienze, i valori aggiunti derivanti dal-la manipolazione dei dati della rete aumenteranno. Internet nell’attuale configurazione diverrà centrale per la leadership statunitense. Washington, quindi, non vi rinuncerà. Tale importanza è legata all’architettura e alla natura di Internet. Le grandi società Over the top non fanno pagare gli utenti, ma monetizzano i loro dati: in termini pubblicitari, Google (45% della pubblicità su Internet), in termini di e-commerce, Amazon; dell’hardware, Apple; e del software, Microsoft. Come dimostrano le ricerche finanziate dalla Darpa e il Freedom of Internet act, gli Over the top sono importanti strumenti dell’influenza americana nel mondo. Manterranno la loro posizione dominante con il peso del loro lobbismo e con l’influenza sulle elezioni americane (Google è stato determinante per la vittoria di Obama). Internet, nato anche per erodere il monopolio degli operatori Tlc, ne ha creato altri, permettendo la profilazione degli utenti e un’influenza mirata. La pratica extra-territorialità della giurisdizione e l’assunto della libertà consentono agli Usa il dominio dell’infosfera e l’esclusione dalla governance di Internet degli Stati che si oppongono alla libertà, cioè alla loro influenza strategica. Basti pensare, al riguardo, al Freedom of Internet act e all’Office of strategic influence. Quest’ultimo sopravvive, malgrado la sua formale soppressione, dovuta al timore che manipolasse l’informazione all’interno degli Usa. Nel cyberspazio non esistono frontiere.

Quindi non è praticabile da parte dei governi una difesa dei confini, per proteggersi contro intrusioni informative esterne. Anche Mosca e Pechino, che proteggono i loro regimi con lo schermo della sovranità, non possono uscire dalla rete. Sarebbero destinate a un rapido declino. Sono possibili solo limitazioni temporanee degli accessi ad Internet, come quello praticato contro l’onda verde in Iran, con tecnologie fornite da Mosca. Fra controllori e controllati esiste una competizione con aspetti anche gustosi: in Iran, il blocco dei siti blasfemi, disposto da Khamenei, è stato neutralizzato proprio dai sistemi di filtraggio predisposti per attuarlo. L’importanza di Internet è destinata a crescere per vari motivi. Uno è intrinseco alla tecnologia utilizzata: quanto più viene consumata, tanto più l’informazione accresce il suo valore. Poi, il sistema ha prestazioni crescenti, per la diffusione degli smartphone e dei sistemi di utilizzazione dei big data. Come afferma Bernabè, l’informazione è divenuta un fattore produttivo (anche strategico), come il capitale e il lavoro. Non è possibile un protezionismo informatico. L’unica possibilità di difesa degli Stati europei consiste nel colpire gli Over the top con la leva fiscale.

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