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Come e perché l’indipendenza scozzese può nuocere alla difesa britannica

Il sì della Scozia all’indipendenza dalla Gran Bretagna potrebbe far perdere 12mila posti di lavoro nel settore della difesa e ostacolare la sicurezza stessa del nuovo Stato. Il 18 settembre dell’anno prossimo gli scozzesi saranno chiamati ai seggi per dire la loro con un referendum. L’8 ottobre, in visita a Edimburgo a un impianto di sistemi elettronici della Selex, il ministro della Difesa britannico, Philip Hammond, ha messo in guardia dalle ricadute in termini occupazionali dell’eventuale secessione e delle difficoltà per il futuro governo scozzese nel formare una credibile forza di difesa.

Parole che si ritrovano anche in un documento del governo londinese nel quale le proposte dello Scottish National Party in materia sono definite “poco chiare”. Ciò che al momento sembra sicuro secondo alcuni osservatori è che la Scozia sarà meno protetta di quanto lo sia ora che è parte della Gran Bretagna.

La risposta del fronte indipendentista è stata affidata al ministro per le infrastrutture locale, Keith Brown. I posti di lavoro saranno tutelati ha detto a Bbc Radio Scotland. Parte del personale, ha aggiunto, sarà destinato ad altri incarichi. “Abbiamo esigenze diverse”, ha detto il politico dell’SNP, nel sottolineare come il numero del personale militare scozzese sia ai minimi storici e che la Scozia indipendente conterà su Forze armate di 15mila regolari e 5mila riservisti.
Il futuro della Scozia sarà delineato in modo dettagliato nel libro bianco del governo di Edimburgo, atteso per le prossime settimane, forse entro novembre. Al momento, sostiene Hammond, ci sono soltanto obiettivi “vaghi” e “poco credibili”. Parole che hanno spinto Brown a chiedere un faccia a faccia pubblico per discutere della questione e dire la verità “sulla mancanza di fondi destinati da Westminster alle Forze armate in Scozia”.

Per Defense News, secondo gli analisti, la cantieristica sarà uno dei settori più vulnerabili. La BAE System ha due cantieri navali sul Clyde, il fiume più importante della Scozia, e un terzo a Portsmouth sulla costa meridionale dell’Inghilterra. Badcock ha invece una struttura di supporto per la manutenzione delle navi da guerra a Rosyth.

Già il mese scorso un rapporto del Comitato parlamentare per la difesa aveva criticato i piani di Edimburgo e lanciato l’allarme sull’occupazione. La Scozia indipendente prevede di spendere per la difesa più di 4 miliardi di dollari, un livello in linea con quello di un Paese come la Finlandia, ma meno rispetto ad altre nazioni europee della stessa grandezza come Norvegia e Danimarca

Resta inoltre ancora da definire la vicenda della base di Faslane che ospita il deterrente nucleare britannico e potrebbe rimanere sotto la sovranità di Londra, sul modello delle basi britanniche a Cipro.

La questione scozzese è entrata anche nel recente rimpasto di governo. Mentre il fronte del “sì” continua a essere dietro i “no” nei sondaggi, vittima principale del cambio di poltrone, scrive l‘Independent, è stato Michael Moore che ha dovuto lasciare la poltrona di segretario della Scozia al collega liberaldemocratico Alistair Carmichael, da cui ci si attende un atteggiamento più combattivo nei rapporti con il primo ministro scozzese Alex Salmond, principale fautore dell’indipendenza.

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