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Bergoglio e Putin, cattolicesimo e ortodossia

In Russia, l’Ortodossia è molto più di una religione. L’esistenza di stretti legami fra “trono e altare” caratterizza l’intera sua storia. Dopo il tentativo di secolarizzazione sovietica, in cui la religione veniva considerata “l’oppio dei popoli”, il Cremlino considera nuovamente la Chiesa Ortodossa un pilastro dell’identità, della coesione e del patriottismo russi. La sostiene e la favorisce in ogni modo. Ma ne mantiene il controllo, quasi come ai tempi degli Zar. D’altro canto, il primato del Patriarca di Mosca rispetto alle altre chiese ortodosse, in particolare rispetto a quella di Costantinopoli, dipende dalla potenza della Russia. Per questi motivi, il dialogo fra Cattolicesimo e Ortodossia assume una valenza non solo religiosa, ma anche politica. Conferma le tesi di Huntington e Kepel sul “ritorno di Dio nella storia”.

L’udienza privata del 25 prossimo concessa da Papa Francesco a Vladimir Putin è stata preceduta dall’incontro del Pontefice con il Metropolita Ilarione, “braccio destro” del Patriarca Cirillo. Quest’ultimo, prima di essere eletto all’attuale carica, era stato predecessore di Ilarione come “ministro degli esteri” del Patriarcato. In tale ruolo, aveva promosso il dialogo con le altre religioni, rafforzato la Chiesa russa incorporando in essa quella fondata dagli esuli soprattutto nelle Americhe a seguito della Rivoluzione Bolscevica e stimolato la solidarietà ortodossa, in particolare nei riguardi della Serbia.

Non si sa quali siano stati gli argomenti trattati nell’incontro fra il Papa e Ilarione, né tanto meno gli esiti dell’incontro. I problemi aperti fra le due Chiese sono molti. Si è verosimilmente parlato dell’impulso da dare al dialogo interreligioso e della possibilità di un incontro fra Papa Francesco e il Patriarca Cirillo, a Mosca, a Roma o su un “terreno neutro”, ad esempio in Polonia, che Cirillo ha visitato dopo che Mosca e Varsavia avevano deciso di erigere un monumento comune ai caduti delle fosse di Katyn. Si sono forse esaminati i problemi da superare per porre fine allo scisma del 1054. Sono molti e complessi. Il Vaticano ha sempre subordinato una riconciliazione al riconoscimento del primato del Vescovo di Roma nella Cristianità. Ben difficilmente, tale condizione potrà essere accettata dall’Ortodossia. Ci si dovrà accontentare di un rafforzamento della collaborazione fra il Cattolicesimo e l’Ortodossia nella difesa dei valori tradizionali e della giustizia sociale contro il permissivismo, il secolarismo e il liberismo. Molto probabilmente, si è parlato anche della difesa dei rispettivi fedeli contro l’aggressivo proselitismo delle varie sette evangeliche.

E’ un argomento che in Russia preoccupa non solo il Patriarcato, ma anche il Cremlino, per il potenziale che tale proselitismo presenta per le cosiddette “rivoluzioni colorate”. Al problema è sensibile anche il Vaticano, per l’irruente avanzata evangelica in America Latina, un tempo monopolio cattolico, nonché in Asia Orientale, dove i Pentecostali hanno ottenuto rilevanti successi nel crescente ceto medio cinese. Infine, si è quasi certamente parlato anche della restituzione dei beni requisiti alla Chiesa Cattolica e, soprattutto, a quella Uniate, e forse anche di un sostegno del Patriarcato presso il Cremlino per il riconoscimento della religione cattolica e delle organizzazioni non governative che si rifanno ad essa.

Certamente, per lo stretto rapporto esistente fra l’Ortodossia e la politica russa, molti di tali argomenti verranno ripresi da Papa Francesco e dal presidente Putin il 25 novembre prossimo. Esso sarà comunque centrato sulla difesa dei cristiani in Medio Oriente, regione che ne vide l’iniziale radicamento. Gli Zar si erano dichiarati loro protettori. Putin ne sta continuando la politica, in modo meno esplicito di quelli usati dalla Russia nel passato nei riguardi dell’Impero Ottomano.

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