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Prospettive post-Porcellum

Con la sua sentenza, la Consulta non ha solo bocciato il Porcellum. Ha anche sanzionato il collasso di una classe politica impotente, autoreferenziale e insensibile ai problemi del Paese. Ora non ha più alibi. L’alunno svogliato adesso deve fare i compiti.

Se vuole farli presto e male, ripristini pure il Mattarellum, ovvero il sistema elettorale che per ben due volte ha fatto vincere la coalizione che aveva preso meno voti; che moltiplicava il peso dei piccoli partiti, poiché aumentava il costo da pagare per eventuali defezioni; che non limitava il potere romano sulle candidature, sia nei seggi proporzionali che maggioritari; che consentiva l’imbroglio delle famigerate “liste civetta”.

Se vuole farli presto e bene, adotti il sistema elettorale spagnolo, che non richiede alcuna modifica costituzionale. Esso avvantaggia i partiti più grandi, favorendo l’aggregazione delle forze politiche omogenee, ma – nel contempo – non penalizza le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni. Quello spagnolo è il sistema proporzionale con maggiori effetti maggioritari che si conosca nelle principali democrazie occidentali, pur non prevedendo un formale premio di maggioranza.

Infine, se vuole farli sempre con una certa celerità ma molto bene, adotti il sistema francese (maggioritario a doppio turno in collegi uninominali), ivi compreso il semipresidenzialismo. È infatti quello che garantisce insieme più governabilità e più rappresentatività. Del resto, una decisa revisione dell’impalcatura dei poteri disegnata dalla Carta del 1948 si pone con improcrastinabile urgenza.

È almeno dal 1993 che la nostra Costituzione è fuori centro. È vero che essa non disciplina il metodo di scrutinio. Ma è anche vero che il suo impianto si basa su quello proporzionalistico. Introdotto quello maggioritario, andava mutata anche la Costituzione. Non si possono infatti cambiare i modi di decidere senza cambiare forma di governo e distribuzione dei poteri. Ciò non è stato fatto per le divisioni, i conservatorismi e una più generale irresolutezza delle élite domestiche, che hanno pensato di poter temperare con la vecchia Costituzione il principio maggioritario. Ne è derivata una tensione dagli effetti nefasti tra architettura formale dei poteri e loro assetto reale.

In questi anni, le proposte e i progetti di riforma per sanare questa contraddizione non sono mancati. Ma, puntualmente, sono rimasti lettera morta. Vedremo se il ceffone della Consulta servirà a risvegliare dal loro lungo sonno i responsabili di questa situazione.

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