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Perché Governo e Confindustria fanno a cazzotti sui numeri della ripresa

Pubblichiamo grazie all’autorizzazione dell’autore e del gruppo Class il commento di Guido Salerno Aletta uscito sul quotidiano MF diretto da Pierluigi Magnaschi

Il 2014 non è neppure cominciato, la Legge di stabilità deve ancora passare la prima lettura, ma la battaglia sui numeri è già cominciata e la guerra ormai si gioca ancor più sul piano della comunicazione: sono le parole, i comunicati, che alla fine anche ieri hanno creato una realtà virtuale. Protagonisti, industriali e Governo.

LE PREVISIONI DI CONFINDUSTRIA
Da una parte, Confindustria ha diffuso ieri le sue previsioni sull’andamento del pil: appena un +0,7% il prossimo anno e solo il +1,2% nel 2015. Dall’altra parte ci sono le cifre del Def, aggiornato dal Governo Letta lo scorso 20 settembre: +1% di crescita il prossimo anno e +1,7% nel 2015. La differenza appare limitata, visto che la stima di Confindustria è più bassa rispetto al Def appena dello 0,3% nel 2014 e dello 0,5% nel 2015, ma ormai è storia consueta: le previsioni tendono tutte ad essere sempre più rosee dei risultati, e l’allineamento verso il basso si fa il più tardi possibile. Sempre ieri, Confindustria ha rivisto al ribasso i dati di chiusura del 2013, allineando la contrazione del pil al -1,8% (un dato statistico già acquisito) rispetto al -1,6% stimato in precedenza.

LE STIME DEL GOVERNO
Il Governo, invece, è fermo al -1,7% contenuto nel Def di settembre: al Ministero dell’economia tifano per un dicembre con un risultato positivo, per dimostrare che la ripresa finalmente c’è. Se i Governi hanno dimostrato di essere un po’ troppo ottimisti, visto che il Presidente Monti nel Def di aprile stimava ancora una contrazione del pil del 2013 pari all’1,3% (al lordo dei pagamenti straordinari alle imprese), di certo non si può accreditare Confindustria di aver fatto del catastrofismo.

IL RISCHIO DELLA STAGNAZIONE
Ma quando, già a dicembre, si parte con una previsione di crescita così limitata, e visto che le revisioni negli ultimi sei anni sono state tutte al ribasso, c’è davvero il rischio di un anno di stagnazione, con tutto quello che ciò significa in termini di peggioramento dei rapporti deficit/pil e debito/pil. D’altra parte, appena una settimana fa, era stato un report della Bank of America Merril Lynch ad accreditare l’Italia di una crescita nel 2014 di appena lo 0,1%.

LE CRITICHE DEGLI INDUSTRIALI
Sulla Legge di stabilità si sono appuntate le critiche di Confindustria: il suo contributo alla crescita è insignificante, è “un’occasione mancata”. L’accusa mossa al Governo è di aver tradito le attese condivise dall’intero sistema produttivo e sindacale, che il 2 settembre scorso aveva firmato a Genova un documento di appoggio al Governo auspicando un taglio deciso il cuneo fiscale, e soprattutto di aver lasciato mano libera alle scorrerie per finanziare le spese più varie nella Legge di stabilità: invece di mantenere fermo un obiettivo di sistema, ha lasciato che gli interventi dilagassero in mille rivoli, come nelle tanto vituperate leggi finanziarie d’una volta.

LA RISPOSTA DI LETTA
La risposta del Premier Letta, impegnato a Bruxelles, è stata da manuale: «Ho la responsabilità di tenere la barca Italia in equilibrio e voglio che ci siano strumenti per la crescita senza sfasciare i conti. Confindustria dovrebbe sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread, come oggi dove abbiamo raggiunto il punto più basso in due anni e mezzo». È stata indirettamente attribuita a Confindustria una richiesta che mai quest’ultima si era sognata di fare, e cioè di aumentare il deficit per finanziare il taglio del cuneo: al contrario, aveva stigmatizzato le tante spese che erano state introdotte perdendo di vista un obiettivo strategico.

LA DIATRIBA SUI CONTI
Sul piano della comunicazione, Confindustria è stata fatta passare per una tifosa dello sforamento del tetto al deficit. A quel punto, accusato il colpo, ha diffuso un comunicato in cui si afferma che: «Il presidente è preoccupato di non sfasciare i conti, per la verità noi non abbiamo chiesto certo di sfasciare i conti».
Attribuire all’interlocutore ciò che mai si era sognato di dire, difendersi per una affermazione mai effettuata: nel gioco delle parti, repetita iuvant.

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