Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Obama sconfessato da alcuni senatori sulle sanzioni all’Iran

Sono ripresi giovedì a Ginevra, gli incontri tra i 5+1 e l’Iran per mettere in pratica le strategie operative per tradurre nei fatti l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto il 24 novembre. I negoziati ripartono, dopo che la scorsa settimana i rappresentati iraniani si erano alzati dal tavolo indispettiti, per la decisione del Tesoro statunitense di aggiungere nella “lista nera” delle sazioni attuali, altre 19 aziende persiane. L’obiettivo degli incontri, sarà decidere sulla data di entrata in vigore effettiva dell’intesa – presumibilmente metà gennaio – e su come il Paese dovrà procedere per adempiere ai propri obblighi sulla sospensione del programma.

A minare la precaria stabilità, nella ricerca di una soluzione concordata, dei colloqui, si aggiunge la decisione di ventisei senatori americani (13 demcocratici e 13 repubblicani) – praticamente contemporanea al riavvio dei negoziati – di presentare una proposta di legge mirata al rafforzamento delle sanzioni economiche all’Iran, nel caso non dovessero essere rispettati i patti in questi primi sei mesi. Il disegno di legge introdotto da Robert Menendez – presidente, democratico, della Commissione Affari Esteri del Senato – prevederebbe il boicottaggio del petrolio iraniano e sanzioni supplementari per l’economia.

Negli Stati Uniti, dubbi sulla lealtà nel rispetto degli obblighi da parte di Teheran, si stanno diffondendo anche tra l’opinione pubblica e all’interno di importanti centri di pensiero. Pochi giorni fa il premio nobel per la letteratura Elie Wiesel, ha comprato al New York Times una pagina, per esprimere le proprie perplessità sull’accordo. Mark Dubowitz, direttore esecutivo della Foundation for Defense of Democracies (molto attiva negli studi sull’Iran e riferimento a Washington per le tematiche di sicurezza e democrazia), si era già espresso anche di fronte al Congresso a favore di sanzioni più severe. Il timore, sottolineato pure da Dubowitz, è che nell’arco di questi sei mesi “di prova”, gli iraniani – non rispettando gli accordi – procedano accelerando la produzione di combustibile nucleare, da mantenere poi stoccato ed essere successivamente convertito in quello da armamento. Circostanza che è già avvenuta nel caso della Corea del Nord.

La Casa Bianca, sebbene impegnata a diffondere ottimismo nella «deludente» (cit. New York Times) conferenza stampa di fine anno, ha reagito duramente all’iniziativa dei ventisei senatori, anche perché sconfesserebbe l’attività dello stesso Obama, che si era impegnato in dialoghi con i membri del Congresso, per chiedere la concessione di tempo ai negoziati, convinto che l’approvazioni di nuove sanzioni – anche vincolate al non rispetto degli accordi – possa diventare un deterrente nelle trattative con l’Iran.

Il portavoce Jay Carney, ha dichiarato ai giornalisti: «Queste norme rischiano di interrompere gli sforzi diplomatici per impedire che Teheran costruisca la bomba atomica. Nel caso in cui la diplomazia fallisse potremmo comunque imporre sanzioni velocemente». E ha aggiunto: «Non pensiamo sia il momento di approvare nuove sanzioni attraverso il Congresso, in quanto è molto importante evitare di prendere iniziative potenzialmente disturbatrici».

Obama, proprio nel discorso di fine anno di venerdì, è tornato lievemente sulla questione, quando ha parlato del 2014 come di un anno migliore al precedente («Un anno di azione» ha detto): secondo il presidente non ci sarebbe nessun motivo per avviare nuove sanzioni all’Iran in questo momento. All’Amministrazione resta ancora un po’ di tempo per mediare con i senatori: la votazione sulla proposta, slitterà a gennaio e ancora non si sa se esistono i numeri sufficienti per sostenerla – si attende ampio scontro, anche perché nel frattempo altri dieci senatori, hanno inviato un lettera al capo della maggioranza, Harry Reid, per chiedere il rinvio della discussione sulle sanzioni, a data da destinarsi, possibilmente dopo l’accordo definitivo con l’Iran. Tuttavia il presidente ha già fatto sapere che nel caso di approvazione, sarebbe intenzionato ad esercitare il diritto di veto. Il governo americano teme infatti, che, anche se non dovesse andare in porto la legge, la sola discussione possa comportare disturbo nei delicati equilibri dei colloqui.

 

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter