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Perché le primavere arabe hanno sancito il declino di Erdogan

Il modello turco rappresentato dal premier Erdogan è finito quattro anni fa con l’inizio delle primavere arabe. A crederlo è Furio Morroni, corrispondente dell’agenzia Ansa da Cipro e a lungo inviato ad Ankara e a Tel Aviv, che in una conversazione con Formiche.net traccia una mappa delle possibili conseguenze geopolitiche della crisi turca in Medio Oriente e sul versante euro-mediterraneo.

Quali i riverberi della crisi turca sul versante euro-mediterraneo?
C’è stata la prima reazione preoccupata da parte dell’Unione europea verso queste purghe che Erdogan sta compiendo da settimane. Ciò produce il rischio di un forte rallentamento per il lungo processo di adesione della Turchia all’Europa, che si sa quando è cominciato e non si sa quando potrebbe finire.

Un modello che sta crollando, come ha certificato il francese Le Monde?
È già crollato, perché il ruolo della Turchia è finito quattro anni fa con l’inizio delle primavere arabe. Nel momento in cui quattro anni fa il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu scrisse un libro sull’idea del nuovo piano ottomano, con la Turchia che voleva riprendere in mano un concetto imperialistico, era chiara la direttrice di supremazia imboccata.

Un’operazione fallita?
Sì, a causa dell’arroganza. Ma era iniziata bene: si erano ricuciti i rapporti con Israele dopo l’interruzione di parecchi anni prima, quando c’era un accordo alla base. Tel Aviv mandava i propri soldati ad esercitarsi sull’immenso territorio turco e Ankara riparava gli aerei israeliani. Però con l’incidente della nave turca Mavi Marmara Erdogan ha rovinato tutto.

Per quale ragione?
Per la sua mania di voler fare il leader islamico, schierandosi con i palestinesi diventando più palestinese dei palestinesi. Tanto è vero che ottenne un visto solo da Hamas nella Striscia di Gaza, ma non è altrettanto ben visto nei Territori.

Stessa sorte nei rapporti con l’Egitto?
Avevano ottimi canali economici e culturali, ma recentemente si sono interrotti: hanno espulso l’ambasciatore egiziano dal paese perché, in virtù delle continue critiche di Erdogan al colpo di stato contro Morsi, Il Cairo le ha giudicate come un’interferenza.

Quindi quello turco è un isolamento anche mediorientale?
Con gli altri Paesi arabi l’azienda statale turca si era impegnata per la costruzione di grosse opere pubbliche. In Libia ad esempio vi erano milioni di dollari di interscambio, ma la rivoluzione a Bengasi ha danneggiato non poco gli interessi turchi. Sino a due anni fa inoltre Erdogan trascorreva le vacanze in Siria con Assad, per poi diventare nemico numero uno di Ankara. Ecco che agli occhi di un arabo laico un Paese che prima dice di voler aspirare ad una supremazia economica e poi si comporta in questo modo schizofrenico perde il proprio ruolo.

Ma Erdogan ne ha avuto consapevolezza?
Secondo me se ne è accorto. Lui non è intelligente, ma furbo infatti pochi giorni fa ha inviato un messaggio da Tokyo dove si trova in missione, dicendo che la Turchia non ha alcuna intenzione di diventare una potenza regionale o globale. E facendo “ a cazzotti” con ciò che da quattro anni ripete il suo ministro degli Esteri. È un tentativo di correggere la sua immagine un po’acciaccata.

Un mutato atteggiamento di Washington verso Ankara potrebbe condurre ad un riequilibrio dei rapporti turchi con Vladimir Putin?
C’è uno strano rapporto di amore-odio tra Erdogan e Putin. Nessuno si fa gli affari dell’altro quando sono scomodi e non si toccano quando hanno interessi opposti sullo stesso punto, come la Siria. Due anni fa hanno anche firmato undici accordi di collaborazione, significa che i rapporti sono più che floridi. Certamente ha pesato non poco nella visione degli Usa lo scandalo tangentopoli, partito da una grossa banca pubblica che gestiva le transazioni finanziarie con l’Iran.

Qual è il ruolo nella vicenda del predicatore Gulen?
Non sappiamo se quelle transazioni con Teheran siano state scoperte autonomamente da Washington o se ci sia stato lo zampino di Gulen. Tutto è possibile. D’altronde Erdogan vorrebbe chiudere tutte le sue scuole di preparazione universitaria, per cui Gulen aveva motivo di farle emergere.

Crede che lo sfruttamento del gas nella ZEE di Cipro, a cui dovrebbero partecipare anche aziende italiane, potrà acuire il nervosismo di Ankara?
La logica dei fatti sta nella diplomazia e dovrebbe far supporre che i governi si confrontino su basi solide. Ma questo governo turco è fondamentalmente arrogante, ragion per cui non vedo spazi per manovre diplomatiche sul delicatissimo dossier cipriota. Non vedo un futuro immediato di ripresa dei negoziati fra turco-ciprioti e greco-ciprioti. Al momento sono in stallo per un cavillo, è un gioco delle parti in cui nessuno ha reali intenzioni di cambiare le cose.

twitter@FDepalo

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