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Appunti utili per un centrodestra popolare e conservatore

Il dibattito politico, dopo la fase convulsa dei mesi scorsi, è entrato ora in una fase molto dinamica. Neanche a farlo a posta è stata la più bistrattata delle riforme, quella della legge elettorale, ad avviare questo processo positivo divenuto ormai inarrestabile.

L’Italicum, come si sa, entrerà nel vivo del dibattimento parlamentare solo la settimana prossima. A garantirne l’incolumità, durante il complesso iter parlamentare, sarà l’accordo di ferro siglato dai due leader dei partiti maggiori, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. A prescindere dalla maretta che si è generata tra le forze minori, le quali comunque avranno la possibilità di far valere con gli emendamenti le loro proposte, è certo che il sistema andrà verso le prossime elezioni con una forte razionalizzazione della rappresentatività. Vi saranno due o tre coalizioni, dominate ciascuna da un partito maggioritario, e, al massimo dopo il ballottaggio, un solo vincitore indiscusso. In tal modo, si stabilirà effettivamente il principio dell’alternanza chiara tra maggioranza e opposizione, vero asse delle democrazie governanti.

Naturalmente, questa nuova finalità di coesione sta portando ambedue gli schieramenti a prevedere possibili apparentamenti con i piccoli movimenti. Renzi su Repubblica ha parlato di SEL come di una risorsa di sinistra importante che deve però crescere elettoralmente fino a superare lo sbarramento, evitando cioè lamentele pietose. Stessa cosa varrà, sempre nel centrosinistra, per Scelta Civica, la quale, tradendo almeno in parte l’ispirazione originaria, si associa legittimamente e giustamente al polo progressista.

Molto più articolata è, invece, la situazione del centrodestra. Come Michele Arnese ha precisato ieri nel suo editoriale si apre da questa parte la partita più grande relativa al ricompattamento della coalizione. Pierferdinando Casini ha già manifestato il proposito di tornare con Berlusconi, e anche il NCD sta valutando l’ipotesi di legarsi nuovamente con Forza Italia, magari dopo aver stabilito la leadership unica di coalizione attraverso le primarie.

Con l’emergere di forze centripete nello schema bipolare, il terzo polo sicuramente sarà occupato dalla protesta grillina, un’area che sopravvivrà verosimilmente come risposta di antagonismo radicale al sistema. Perciò gli apparentamenti di coalizione con le antiche aree di centro saranno valutate da Renzi e Berlusconi con prudenza e attenzione. Con ciò non intendo entrare nei malumori degli esponenti forzisti che mal digeriscono i tanti figliol prodighi che sono apparsi improvvisamente come funghi, ma aprire una considerazione più strettamente politica sul nuovo valore che assumeranno le cosiddette mezze ali.

Non è sensato, ad esempio, che le nuove alleanze contemplino la possibilità di negoziazioni estenuanti, e neanche che le forze maggioritarie debbano necessariamente trovare conveniente essere generosi nelle ospitalità. Un pregio oggettivo dell’Italicum è che le identità politiche sono trasferite dalle aggregazioni elettorali agli elettori dei partiti maggiori. E quindi ogni soggetto in campo sarà legato all’interno da un’omogeneità di vedute, di valori e di interessi già presenti nella società reale.

Guardando, in specie, al centrodestra sarà favorito maggiormente il fatto che l’offerta si presenti compatta nella sua identità, piuttosto che ampia e plurale nella composizione. Le riserve non riguarderanno tanto questo o quel movimento politico, ma la logica dei politici, i quali tendono istintivamente a prediligere il proprio tornaconto personale sugli interessi generali del gruppo. Insomma, la fedeltà a un progetto chiaro e a una leadership certa avrà una precedenza rispetto a qualsiasi altra esigenza soggettiva dell’uno o dell’altro protagonista. E poiché le riserve di Casini verso Berlusconi sono forti e radicate, penso che la cosa sarà ragionata e pensata con cura da ambo le parti.

Sulla tenuta dell’esecutivo l’ultima parola sarà comunque quella di Renzi. Le elezioni sono però ancora lontane, e senz’altro è prevedibile che il voto si allontanerà ancor più con l’avvicinarsi del semestre europeo. Per questo, nel tempo che resterà alla legislatura, dopo l’approvazione della legge elettorale, è fondamentale che il centrodestra si faccia portatore di una visione precisa della società, senza equivocità, facendosi rappresentante dell’istanza popolare e di quella conservatrice dell’Italia. Nel primo caso, assorbendo al proprio interno tutte le proposte alternative alla sinistra. Nel secondo raccogliendo in seno anche la difesa di territorio e sovranità tipiche dell’antieuropeismo nazionale. La quadratura del cerchio sarà proprio quella di non avere emorragie a destra, garantendo ai movimenti come Fratelli d’Italia e Lega una loro presenza, e assorbendo al proprio interno quella parte di centro che dia garanzie di opposizione decisa e netta al centrosinistra.

In linea di massima, se l’Italicum non sarà stravolto, i grandi partiti, ossia PD e FI, avranno molto più interesse a coalizzarsi verso sinistra e destra che verso il centro. Tanto più che la vera trasformazione qualitativa avverrà proprio nell’area moderata che un tempo garantiva con la DC la governabilità. Il centro diverrà espressione diretta del malcontento antidemocratico del M5S, nel quale sarà compito dei due poli portare la democrazia in nome delle proprie reciproche e antitetiche identità elettorali.

Comunque si valuti la cosa, per gli italiani, dunque, questa riforma è un vero toccasana. Finalmente non ci sarà più ambiguità interna agli schieramenti, e i cittadini dovranno scegliere o che la democrazia sia modellata su una visione comunitaria basata su persona e famiglia, o su una visione sociale opposta fondata su individuo e collettività. Tertium non datur. Con buona pace di eterni trasformisti e legionari mendicanti del dubbio.

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