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Venezuela, le simpatie di Francesca Commissari per Hugo Chavez

Francesca Commissari è riuscita a comunicare di essere stata arrestata dalla Guardia Nazionale Bolivariana lo scorso venerdì attraverso un tweet. Scattava fotografie per il quotidiano venezuelano El Nacional in una manifestazione dell’opposizione ad Altamira, un quartiere ad est di Caracas, quando tre ufficiali delle Forze Armate l’hanno presa per un braccio e portata via. È stata 35 ore in una caserma, insieme ad altri 50 giornalisti (di cui sette stranieri), con l’accusa di “presunta attività terroristica”.

IL COLPO DI FULMINE
Nata a Finale Emilia in provincia di Modena, Commissari si è laureata in Filosofia all’Università di Bologna ed è arrivata in Venezuela per caso, solo per una vacanza. In un’intervista concessa al Nacional, confessa di essersi innamorata delle spiagge e della selva venezuelana. Oggi è impegnata a fotografare la realtà sociale del posto.

LA PAURA
Quando pensavo di avere finito, la protesta diventò violenta. La gente correva. Ero sola e spaventata. Mi sono nascosta insieme ad altre tre persone dietro ad una stazione di servizio. Ho pensato che gli agenti fossero andati via e mi sono alzata. In quel momento uno degli ufficiali urlò: Comandante, qui ce ne sono quattro… Ho avuto paura ma quando mi hanno portato i miei documenti sono riuscita a tranquillizzarmi“, ha detto Commissari.

LE AGGRESSIONI IN CARCERE
Sugli abusi e le torture in carcere denunciate dalle opposizioni, la Commissari dice non aver visto nulla. Ma ha notato un ragazzo con la testa ferita, e un altro con un occhio nero e la faccia gonfia. Un altro ancora con dolori alla schiena. “Domenica il mio avvocato mi ha comunicato che mi avevano accusata di fabbricare una bomba molotov. Mi sono sentita indignata, e impaurita”, ha detto.

LE SIMPATIE POLITICHE
La solidarietà dei colleghi non si è fatta aspettare. È stata organizzata una manifestazione davanti al Tribunale della Giustizia per chiedere la libertà della Commissari e degli altri giornalisti. Ma nessuno dimentica una fotografia della Commisari, con un cartello con su scritto: “Se io fossi venezuelana voterei per Chávez”. “Sentivo affinità verso certi concetti, idee e proposte del messaggio di Hugo Chávez. Non possono negarlo. Frequentavo un gruppo che era vicino a quella ideologia. Un’amica mi aveva proposto di fare quella foto per un concorso in Argentina e ho deciso di partecipare. Dopo succedono cose, cambiano le situazioni, ma non mi pento di averci creduto”.

La Commissari nega che la foto sia stata usata da parte del governo per creare un caso mediatico e distrarre l’attenzione dalle proteste. Non ha paura di continuare a fotografare e vuole scrivere, raccontare quello che è successo e sta succedendo. Ma dovrà farlo con una macchina analogica perché – come ha detto – la sua digitale è ancora in possesso dalle Forze Armate venezuelane che l’hanno arrestata.

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