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Perché l’industria non corre come Piazza Affari

Da oltre un anno e mezzo i mercati azionari internazionali stanno vivendo una fase favorevole. Da luglio del 2012 il forte ridimensionamento dei rischi sui mercati dei debiti sovrani dell’area euro dovuto anche agli interventi della Bce ha favorito, insieme al continuo sostegno delle politiche monetarie espansive delle altre Banche centrali, un aumento della propensione al rischio. Dalla seconda metà dello scorso anno i mercati azionari hanno invece beneficiato dei primi chiari segnali di ripresa dell’economia internazionale.

Da luglio del 2012 a febbraio di quest’anno l’indice azionario italiano è aumentato di quasi il 50%. Depurando l’indice dalla componente di trend, emerge come il ciclo azionario italiano abbia superato la fase più critica a inizio 2012 e sia tornato a espandersi lo scorso agosto. Come argomentato in dettaglio nel Rapporto Prometeia “Yellow-Mercati monetari e finanziari”,non sembrano al momento esserci evidenti segnali di una bolla del mercato azionario italiano.

I mercati azionari rappresentano una importante componente degli indicatori anticipatori del ciclo economico – peraltro in tempo reale vista la disponibilità di osservazioni giornaliere – poiché il prezzo azionario è interpretabile come il valore attuale scontato dei flussi di cassa attesi per il futuro. In condizioni normali, e al netto di distorsioni contabili, i flussi di cassa attesi dovrebbero infatti riflettere le attese degli investitori sull’andamento futuro della domanda aggregata. La crescita dei valori azionari influenza sia la domanda di beni di investimento sia la domanda di beni di consumo. In particolare, valori elevati fanno aumentare il rapporto tra il valore di mercato di una società e il costo di sostituzione del capitale (la “q” di Tobin), rendendo per l’impresa più vantaggioso effettuare investimenti; inoltre, l’effetto ricchezza e le attese di salari più elevati possono determinare una maggiore domanda di beni di consumo da parte delle famiglie. Infine, l’effetto sull’attività reale è amplificato dal miglioramento delle condizioni sul mercato del credito, grazie all’effetto positivo dell’aumento dei prezzi azionari sui bilanci di imprese, banche e famiglie. In passato l’indice azionario italiano è stato un buon indicatore delle fasi del ciclo economico, con un anticipo tra 3 e 6 mesi: in particolare nel ’78, ‘93 e ’03 per le fasi di ripresa del ciclo e nel ’76, ’95, ’07 e ’10 per quelle di recessione.

Tuttavia, nella fase più recente la capacità dell’indice azionario di anticipare l’economia reale si è significativamente ridotta: la produzione industriale tarda infatti a manifestare i segnali di ripresa che arrivano dall’aumento dei prezzi azionari iniziato nel 2012. L’assenza di una relazione in questa fase tra prezzi azionari e attività economica potrebbe dipendere da una minore efficacia dei mercati azionari nel “prezzare” correttamente le informazioni disponibili sui settori reali e finanziari nelle fasi di crisi molto lunghe. Spunti forniti dalla finanza comportamentale suggeriscono che in periodi di elevata e prolungata incertezza e di limitate informazioni sulla struttura economica, gli investitori potrebbero prevedere in maniera meno corretta il futuro andamento dell’economia. Inoltre, gli studi empirici più recenti evidenziano che i mercati azionari tendono ad anticipare gli andamenti futuri della macroeconomia soprattutto su orizzonti temporali di medio e lungo termine. Non va comunque dimenticato, come argomentato circa un anno fa nel Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia, che anche l’economia italiana sta correggendo i propri squilibri e che le Banche centrali e i governi di tutto il mondo hanno risposto a questa crisi con interventi incisivi e inediti per sostenere la liquidità dei mercati, ridurre il rischio sistemico e ripristinare la stabilità nei mercati finanziari. La ripresa dei mercati azionari è stata quindi guidata dalla politica monetaria – per effetto della massiccia immissione di liquidità e di tassi ai minimi storici – e la svolta nelle economie reali potrebbe tardare rispetto ai cicli passati: l’effetto incertezza sulla domanda prospettica sta frenando gli investimenti delle imprese e le famiglie hanno adottato un comportamento più prudente rispetto al passato, anche per ripristinare il valore della ricchezza eroso durante la crisi.

 

 

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