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Versace, Blackstone e il private equity che sfila in passerella

Il fascino della moda travolge ancora, ma, stavolta, il mondo del private equity, che, nelle secche di un’economia ancora in crisi, punta sugli affari del lusso in Borsa e non solo. Non operazioni industriali che rafforzano e garantiscono unioni di competenze e sfere di presenza, ma scommesse finanziarie, e da prezzi record che ai maligni sanno di bolla.

IL CASO VERSACE

L’ultimo grande ingresso in passerella? Spetta a Blackstone, che ha acquistato una quota del 20% di Versace permettendo alla casa italiana di puntare all’Ipo e all’espansione sino-americana.

L’ANALISI DEL FINANCIAL TIMES

L’accordo da un miliardo di euro, sottolinea il Financial Times, ha puntato i riflettori su un settore che è sembrato a lungo bersaglio improbabile per gli investitori di private equity, abituati a lavorare su società più prevedibili e a far poi leva sul debito per massimizzare i profitti.

TERRITORI EXTRAINDUSTRIALI

Questo appetito è dovuto al fatto che i buyout industriali convenzionali sono diventati costosi a causa della forte concorrenza, costringendo i gruppi di private equity ad avventurarsi in territori inesplorati a caccia di affari. Ad attrarre l’attenzione sono stati anche i recenti successi nel settore della moda, compreso il debutto sul mercato italiano del marchio top dei piumini Moncler che ha fatto intascare al gruppo di private equity Carlyle oltre sei volte il suo investimento iniziale.

LE NUOVE BRAMOSIE

Alcuni fondi di private equity, specialmente asiatici o mediorientali bramosi del lusso europeo, credono che sia un buon momento per investire in marchi di fascia alta con un potenziale internazionale.

IL LUSSO ANOMALO

“In questo periodo è di moda dire che i marchi del lusso sono grandi investimenti. Ma non si tratta di un settore classico per il private equity”, ha spiegato al Financial Times Marco de Benedetti, a capo delle operazioni italiane di Carlyle.

GLI ESEMPI

E i prezzi pagati lievitano. Blackstone, che acquista in genere partecipazioni di controllo, è diventato un azionista di minoranza di Versace dopo una dura battaglia contro altri gruppi di private equity tra cui Investcorp e CCMP. La valutazione della casa del lusso è di oltre 14 volte il suo Ebitda (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization – gli utili stimati al lordo di interessi, tasse e ammortamenti), superando quella di Burberry, Hugo Boss – di proprietà del gruppo di private equity Permira – e Prada. Per farsi un’idea, se la valutazione di Versace è in linea con quella di Salvatore Ferragamo, storia a parte fanno Moncler e Valentino, stimati rispettivamente a circa 16 volte e 25 volte il loro Ebitda.

CHE COSA PENSA BONOMI

“Valutazioni sproporzionate rispetto al potenziale sottostante delle società”, ha dichiarato Andrea Bonomi, a capo della società di private equity con sede in Italia InvestIndustrial e azionista della casa automobilistica Aston Martin.

LE PAROLE DI FERRARIS

Ma le offerte sono difficili da scovare in un’industria dominata da imprese a conduzione familiare.
Gian Giacomo Ferraris, amministratore delegato di Versace che ha portato l’azienda fuori dal fallimento cinque anni fa, ha tenuto a precisare che Blackstone ha comprato solo una quota di minoranza.

IL BANCHETTO DELLA FINANZA

Il denaro fresco di Blackstone “è indispensabile”, ha spiegato al quotidiano della City Ferraris, per permettere a Versace di aprire 70 nuovi negozi dagli Stati Uniti alla Cina nel corso dei prossimi tre anni. “E porta anche una certa disciplina [finanziaria] necessaria per pensare ad una IPO nei prossimi 3-5 anni”. Certo, si tratta solo di un partner, il gruppo resta familiare, ha poi assicurato Ferraris. E’ la grande finanza che viene a cena, verrebbe da dire.

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