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Ecco perché il Def di Renzi non mi ha convinto del tutto

Renzi (1 aprile 2014). “Vedrete nei prossimi mesi come il cambiamento nel mercato del lavoro porterà l’Italia a tornare sotto il 10% nel tasso di disoccupazione”.

LA DISTANZA TRA IL DIRE E IL FARE
Previsioni del Def riportate dall’ANSA (8 aprile 2014): Il tasso di disoccupazione salirà quest’anno al 12,8% (dal 12,2% del 2013), attestandosi poi l’anno prossimo al 12,5%. Per scendere sotto il 12% bisognerà aspettare il 2017 (stima 11,6%).

Basterebbe questo confronto per comprendere la distanza “tra il dire e il fare”, verrebbe da dire citando Crozza che imita Renzi. Uno dei cardini del nuovo governo è stato quello di dire “il lavoro al primo posto”. Sarà per gli strumenti finora scelti – il lento ddl per il Jobs act – ma certo lo stesso governo, cifre alla mano, ammette che ci vorrà ancora del tempo. Nessuna sorpresa: il lavoro non ci crea dal nulla, by magic. Una consapevolezza che aiuterebbe quando si parla di lavoro. Ma qualcosa di più si potrebbe fare.

EMERGENZA LAVORO
Per capire a spanne se ci sarà creazione di nuovi posti di lavoro la regola è quella che ripeteva Franco Reviglio, economista prestato alla politica. Spiegava ai suoi: solo con una crescita del 2% si può creare lavoro. Ecco, anche su questo fronte non ci siamo. Dopo molti anni di crisi e due anni di recessione piena l’Italia tornerà quest’anno a crescere dello 0,8%, poi, anno per anno dal 2015 al 2018, dell’ 1,3%, dell’1,6% quindi dell’1,8 e dell’1,9%. La soglia del 2% non si vede e anche il pil previsto per quest’anno è una revisione al ribasso (magari è esercizio di serietà) rispetto all’1-1,1% indicato dal governo italiano solo lo scorso settembre.

IL RISANAMENTO DEI CONTI
Sul fronte del bilancio pubblico, invece, il risanamento dei conti c’è, ma l’obiettivo richiesto dall’Europa slitta di un anno, sia per il debito sia per il deficit.
Il deficit raggiunge il pareggio (close to balance) solo nel 2017 toccando lo 0,3%: l’avanzo è previsto solo l’anno successivo. Ma c’è un escamotage che si ripete ogni anno uguale, con l’obiettivo annunciato che viene rinviato, di poco, ogni volta. Il deficit “strutturale” corretto per il ciclo arriva al pareggio solo nel 2016. Ma noi all’Europa avevamo promesso il pareggio con il deficit pieno nel 2016 e con quello strutturale già nel 2015.

IL PROBLEMA DEL DEBITO
Lo stesso vale per il debito. Tocca nuovi livelli record: quest’anno sarà al 134,9%, un rapporto con il Pil mai raggiunto finora (ma il record è anche nei valori assoluti). Inutile dire che ogni anno promettiano che l’anno successivo comincia il percorso di rientro, ma che poi al momento di stringere questo slitta avanti di un anno. È vero quel che dice il Tesoro: il debito sale perché versiamo risorse al fondo salva stati voluto dall’Ue. Ma anche togliendo questa posta saliamo al 131,1% del Pil, un valore altissimo. Nel programma quinquennale previsto dal Def, inoltre, non vediamo più l’obiettivo della discesa del debito sotto il 100%. Nel 2018 saremo al 120,5% del Pil. Solo a settembre avevamo promesso per il 2017 un livello del 120,1%. Insomma di nuovo lo slittamento di un anno, che certamente richiederà nuovi negoziati per superare le ironie europee. Non servirà una manovra, come dice Renzi? Aspetterei di sentire la commissione europea prima di dirlo.

UNA NUOVA STRATEGIA
È vero, la strategia delineata dal Def è nuova, spinge i consumi detassando il lavoro. Ma, lasciando stare i gufi, i fatti non ci sono ancora. Bisognerà attendere il 18 aprile per vedere in concreto il varo del decreto e poi, magari come sta accadendo con le riforme, attendere ancora settimane prima che il testo compaia. Benissimo che le banche paghino e più soldi arrivino anche ai contribuenti con i redditi più bassi, come gli incapienti. È una manovra Robin Hood. Ma anche questa mi sembra di averla sentita (ricordate Tremonti e la Robin tax?). Una domanda, con la preghiera di proseguire comunque perché le banche pagherebbero il giusto, o anche meno: i soldi che le banche verseranno a chi li faranno pagare se non si mettono specifici filtri a difesa dei consumatori?

(Il commento integrale di Chiominto si può leggere sul suo blog qui)

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