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In Siria Assad affama le aree controllate dai ribelli

Un documento interno delle Nazioni Unite – ne ha parlato Foreign Policy – evidenzia come gli aiuti umanitari che il World Food Program invia in Siria, siano deliberatamente filtrati dal governo di Assad.

Sono passati due mesi circa, da quando il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva approvato la risoluzione UNSCR2139, con la quale richiedeva al governo siriano di permettere l’accesso immediato dei propri operatori su tutto il territorio – risoluzione sulla quale la Russia non aveva posto il veto, anche per evitare spiacevoli controversie internazionali e offuscare le fasi conclusive delle Olimpiadi invernali di Sochi.

Complessivamente a marzo sono state raggiunte 4.1 milioni di persone, a fronte delle 3,7 di febbraio – sebbene si stima che il totale sia di oltre 9 milioni.

Il punto però, non è l’aumento in sé, ma come si è distribuito geograficamente quell’aumento. Dall’analisi dei dati, è stato possibile capire che le aree dove le razioni del Wfp sono arrivate con maggiore continuità e consistenza sono quelle controllate dal governo, ragione che ha portato ad una successiva interpretazione. L’aumento del numero delle persone aiutate è frutto di flussi migratori, popolazione che si sposta dalle aree in mano ai ribelli a quelle sotto l’egida di Assad.

Secondo gli analisti del Wfp, le ragioni dei flussi potrebbero essere varie – difficoltà nel guadagnarsi da vivere, aumento dei prezzi dei prodotti, fuga dai conflitti e dal clima difficile che si portano dietro -, ma la principale motivazione è da ricercare nella necessità dell’approvvigionamento alimentare, che in Siria è purtroppo strettamente legato all’assistenza internazionale.

Si era già parlato di come Assad stesse procedendo ad affamare le aree e le città controllate dai ribelli, misto di propaganda forzata – “i ribelli vi fanno restare senza cibo” – e di un piano che prevede di prendere le opposizioni per sfinimento. Ora dal report delle Nazioni Unite arriva la conferma. E gli spostamenti sarebbero la prova provante, che questa strategia è continuamente perpetrata in diverse aree del paese.

I documenti dell’Onu descrivono uno spostamento di massa di siriani dalle roccaforti dell’opposizione duramente colpiti negli ultimi mesi: le persone dalle zone controllate dai ribelli di Aleppo orientale si sono spostate nella metà occidentale controllata dal governo; quelli nella fascia sud e sud-orientale di Quneitra si sono mossi verso il centro della regione e le zone orientali; quelli di Homs controllata dai ribelli e dell’area rurale di Hama,  si sono trasferisti ad Hama City e a Salamiya in mano all’esercito regolare.

Dati scioccanti, che confermano il modo subdolo con cui sta procedendo la guerra di Assad: ora però, il dubbio si fa necessità. Perché se è giusto dubitare del buon fine degli aiuti – smistati e bloccati dalle forze governative, per sostenere le proprie campagne – allo stesso tempo sembra impossibile pensare di fermare gli invii, diventati ormai vitali.

Va detto, pure, che da report è uscito anche che alcuni convogli e punti di distribuzione, sono finiti sotto attacco dei ribelli, che hanno bloccato l’invio soprattutto nella zone nord-orientale del paese. Secondo i documenti, sarebbero stati i gruppi che controllano la provincia di Raqqa ad aver impedito le consegne di cibo.

E chi controlla quella zona? L’Isis, che nell’area sta amministrando una sorta di governo indipendente, ha imposto la sharia e controlla un’area che, come si vantano di dire, è «più grande del Kuwait».

 

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