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Ecco cosa significa il rimpasto di governo di Hollande. Parla Ridet (Le Monde)

Un mix che cerca l’equilibrio tra le correnti della maggioranza. Così Philippe Ridet, corrispondente dall’Italia del quotidiano Le Monde, definisce il nuovo esecutivo francese. Dopo gli scandali privati e lo scarso risultato ottenuto alle elezioni comunali della settimana scorsa, il presidente François Hollande ha deciso di promuovere un rimpasto al governo che sembra essere ben accetto dalla società francese.

In una conversazione con Formiche.net, Ridet analizza la strategia di Hollande e spiega il ritorno di Ségolène Royal al governo, il peso politico di Manuel Valls e il sostegno alla candidatura di Pierre Moscovici alla presidenza della Commissione europea.

Ridet, come valuta il nuovo governo francese? Cosa ha voluto dimostrare Hollande con questi cambiamenti?
Credo si tratti di un esercizio di equilibrio tra ministri vicini a Hollande (come Michel Sapin alle Finanze e Jean-Yves Le Drian alla Difesa), che sono stati confermati perché si sono guadagnati la fiducia con l’uscente Jean-Marc Ayrault, ma anche tra quelli vicini a Manuel Valls, che gode di buona reputazione a destra. Ci sono anche personaggi della sinistra che hanno puntato il dito contro il rigore, come Najat Vallaud Belkacem al ministero dei Diritti femminili, Giovani e Sport. C’è anche un mix tra politici di grande esperienza, come il ritorno di Ségolène Royal, già due volte ministro, e persone come Arnaud Montebourg all’Economia,  “pericoloso” per le sue posizioni radicali su quanto debba fare la Francia. Questo nuovo governo si caratterizza per un mix di novità ed esperienza.

Qual è il peso politico di Manuel Valls?
All’interno del Partito socialista, il peso di Valls è quello scarso 6% che ha preso alle primarie. Ma nell’opinione pubblica francese gode di molta popolarità. Posso dire che il 45% dell’elettorato vedrebbe bene la nomina di Valls come premier. Piace alla destra, ma è un politico veramente trasversale.

Che significato ha il ritorno di Ségolène Royal al potere?
È una decisione che potrebbe leggersi dal punto di vista psicologico, come la fine definitiva delle storie personali di Hollande, ma soprattutto dal punto di vista politico: la Royal è molto popolare, piace anche all’elettorato di destra. Non è un personaggio rivoluzionario. Non so se fosse d’accordo con le unioni gay, ma sono sicuro che se fosse stata presidente non avrebbe promosso questi matrimoni.

Come si può interpretare il sostegno a Pierre Moscovici alla presidenza della Commissione europea?
È normale. Moscovici è un personaggio politico senza carisma, che non è mai stato votato. È sempre stato più interessato alle riunioni a Bruxelles che ad avere in mano i dossier della politica interna in Francia. Ha un profilo da tecnico europeo, non francese.

Dopo la sconfitta nelle elezioni comunali, quali sono gli obiettivi di Hollande?
Sono gli stessi, non sono cambiati. Questo si può confermare con il discorso che ha fatto lunedì. È molto simile a quello che ha fatto a gennaio, un discorso molto di sinistra. Lui crede sia necessario sostenere le imprese, perché sono loro a creare posti di lavoro. Oltre al Patto di responsabilità ha parlato di un Patto di solidarietà, senza dare molti dettagli. Ha ripetuto che la linea non cambierà. I partiti di destra non hanno contestato questo patto, ma hanno chiesto riforme nella giustizia, mentre i Verdi hanno chiesto un impegno più forte sulle energie rinnovabili. Non si può ascoltare un gruppo o l’altro. Il fatto che abbia cambiato il primo ministro è già un segnale abbastanza forte. Valls è l’uomo giusto: gode di buona reputazione. È più vicino alla linea di David Cameron e Ben Bernanke. Non è uno che spenderà soldi che non ci sono.

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