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Ecco cosa ha detto la Santa Sede al Salone di Torino

Si è chiusa ieri sera la XXVII edizione del Salone internazionale del Libro. Un’edizione, quella del 2014, che ha visto la partecipazione, per la prima volta, della Santa Sede quale Paese ospite. La Libreria Vaticana con i suoi 700 libri ha occupato gran parte dello stand della Santa Sede che ha riprodotto il ciottolato di Piazza San Pietro e la cupola della Basilica nel progetto originario del Bramante. Ma, soprattutto, un grande successo di pubblico per gli eventi legati alla presenza della Santa Sede se si pensa che era impossibile trovare un posto a sedere persino quando si dibatteva sull’attualità del latino ai tempi di Twitter. E non poteva essere diversamente, dal momento che la Santa Sede ha deciso di “schierare” a Torino il proprio “gotha”: dal Segretario di Stato Piero Parolin al presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura Gianfranco Ravasi, passando per il direttore della Civiltà Cattolica Antonio Spadaro ed il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Federico Lombardi.

LA COMUNICAZIONE INNOVATRICE DI BERGOGLIO

Uno degli eventi principali della partecipazione della Santa Sede al Salone del Libro è stato la presentazione del libro, curato dal gesuita Antonio Spadaro, che raccoglie le omelie di Papa Francesco pronunciate in occasione dell’ormai immancabile appuntamento mattutino a Santa Marta (“La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta”). Partendo dalle omelie di Santa Marta, con le quali “Papa Francesco parla alla Chiesa e a tutti coloro che vogliono ascoltare”, padre Lombardi si è soffermato sullo stile di comunicazione del cardinale Bergoglio. Secondo il direttore della Sala Stampa, infatti, “Papa Francesco innova nella comunicazione della Chiesa ed anche in quella mondiale. Il suo modo di essere, di gestire e di parlare è estremamente efficace in un mondo che sta passando dalla comunicazione di massa alla comunicazione più interattiva, quella dei social media, quella della rete”. Papa Francesco, secondo Lombardi, “è un leader della comunicazione umana, ecclesiale e della fede nel tempo della rete, in cui si condivide una esperienza più che trasmettere dei contenuti”.

LE PAROLE DI PADRE ANTONIO SPADARO

E’ stato padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, e forse il gesuita più vicino a Papa Francesco, a spiegare il significato della partecipazione della Santa Sede al Salone del Libro. “In questo momento un padiglione come quello della Santa Sede sta a significare un profondo bisogno di spiritualità, che si esprime attraverso la produzione libraria” – ha affermato Spadaro – “Le librerie oggi sono una sorta di tempio laico, dove attraverso la cultura è possibile leggere un desiderio profondo di spiritualità. Ed il fatto che ci sia un successo di vendite di libri religiosi significa che c’è un bisogno di ricerca”. Ma quanto conta l’effetto Francesco in tutto questo? Tanto, secondo padre Spadaro, dal momento che “Francesco è diventato una sorta di catalizzatore dei bisogni di spiritualità: le parole di Francesco sono molto semplici, sono una testimonianza del Vangelo. Ma non parlerei però di Effetto Francesco, quanto piuttosto di capacità del Papa di convogliare un desiderio di spiritualità fortemente presente nella società di oggi”. Una Chiesa, quella di Papa Francesco, chiamata a comunicare la fede. “La Chiesa oggi più che mai è chiamata a vivere la fede e, quindi allo stesso tempo, a condividerla, a comunicarla: vita e comunicazione sono la stessa cosa”.

PAPA FRANCESCO VISTO DA PAROLIN

Il Segretario di Stato Parolin era forse l’ospite più atteso, almeno per la sua importanza. Al successore del cardinale Bertone il compito di analizzare il linguaggio del Papa. Un Papa, Francesco, che secondo Parolin “mette l’interlocutore in condizioni di parità e non di distanza instaurando una relazione di prossimità, un legame di vicinanza”. Per il Segretario di Stato, Papa Francesco usa un linguaggio adatto ai nuovi media: “Anche espressioni brevi e dense, pensiamo a Dio spray o alla Chiesa che non deve essere una baby sitter, sono certo adattissime ai nuovi media ma allo stesso tempo rivive in esse la sapienza del porgere dei padri della Chiesa”. Parolin individua anche le parole più usate da Francesco nelle sue omelie, all’Angelus e nei vari documenti: “Tutti, camminare, andare, uscire, ascoltare”. Parole che esprimono attenzione verso l’altro, in netto contrasto con quelle che, invece, secondo Parolin, sono le parole avversate dal Papa: “Chiacchiere, lamento”. E non è un caso se i discorsi di Papa Francesco terminano spesso con un interrogativo. “Le sue non sono domande retoriche, ma vere autentiche, perché la domanda è il tratto principale della condizione umana”.  

L’UOMO DIVISO TRA BENE E MALE SECONDO RAVASI

Doveva essere l’ospite d’onore. A lui, infatti, spettava aprire il Salone del Libro con una lectio magistralis. Un’improvvisa indisposizione ha fatto saltare l’incontro inaugurale, ma il cardinale Ravasi ha voluto comunque essere presente a Torino nei giorni successivi per un dialogo con il filosofo Giovanni Reale. Al centro del discorso del Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura il rapporto tra “bene e male”. “Indubbiamente il male ha un suo aspetto epifanico, che ha forme più incisive che il bene. Però penso che le grandi violenze, i grandi danni sociali, il grande male del mondo sia anche una grande occasione perché l’uomo venga provocato e cominci ad interrogarsi”. Ecco come il cardinale Ravasi ha spiegato il messaggio che viene dal Salone del Libro: “Potrebbe avere quasi due volti: da un lato invitare alla lettura dei testi, perché la lettura allunga il tempo di vivere. Ma potrebbe avere anche un secondo volto, rivolto anche ai tanti autori che sono qui, perché si ricordino che le pagine scritte sono sempre delle pagine viventi”.

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