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Papa Francesco, la preghiera che si fa storia

Come prevedibile, prima della partenza alla volta del Vaticano per l’invocazione per la Pace con il presidente israeliano Shimon Peres, il Papa e Bartolomeo I di Costantinopoli, Abu Mazen (intervistato da Repubblica) aveva messo le mani avanti: “Purtroppo oggi il potere esecutivo in Israele nelle mani degli oppositori degli accordi di Oslo”. Difficile, dunque, che l’ulivo piantato nei Giardini alle spalle della Cupola di San Pietro possa portare a qualche risultato concreto – Peres, novantenne, lascerà entro pochi giorni la carica presidenziale per fine mandato.

LE DIFFERENZE CON GLI INCONTRI DI ASSISI

Eppure, il momento di preghiera convocato da Francesco è stato un evento senza precedenti, che va ben oltre la portata degli incontri di Assisi che videro protagonista Giovanni Paolo II: “E’ un’invocazione diversa per il luogo, il fine, i protagonisti e soprattutto per la partecipazione attiva dei presidenti di Israele e della Palestina”, ha scritto sul Corriere della Sera Luigi Accattoli. Il Pontefice avrebbe voluto che l’incontro avvenisse durante la visita in Terra Santa dello scorso maggio, ma le difficoltà nel trovare un luogo che mettesse d’accordo le parti si era dimostrato impossibile, facendo dunque propendere per la soluzione vaticana.

“L’AUDACIA DELLA RICHIESTA DI PERDONO CRISTIANA”

Tra intermezzi musicali, meditazioni e preghiere, sempre Accattoli notava “l’audacia del testo cristiano”, essendovi “una marcata richiesta di perdono per le guerre promosse dai cristiani”. Gli obiettivi della serata di preghiera li aveva sinteticamente spiegati a Repubblica, sabato, Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli: “La speranza è comune ed è quella di ottenere due risultati, che Dio ci ascolti e di dare un segnale sia in Asia sia in Europa che con l’aiuto di Dio si possono raggiungere dei risultati concreti” per “arrivare alla pace, possibilmente”.

RIUSCIRE DOVE LA DIPLOMAZIA HA SEMPRE FALLITO

Obiettivi altissimi: riuscire dove la diplomazia e la politica hanno sempre fallito. E che le diffidenze e le differenze continuino a essere presenti è evidente dal diverso tenore delle “richieste di perdono” che le tre comunità erano chiamate ad esprimere durante l’invocazione per la pace di ieri sera. Se quella cristiana è stata dura, netta e chiara, la comunità ebraica ha recitato un salmo e quella araba si è limitata a un testo molto meno circostanziato rispetto a quello cristiano (dove c’era anche un riferimento alle violenze in Terra Santa).

“I CRISTIANI SI PENTANO DEGLI ATTEGGIAMENTI CAUSATI DALL’ORGOGLIO”

E’ stato il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, a leggere la richiesta di perdono della comunità cristiana: “Preghiamo che contemplando Gesù i cristiani siano capaci di pentirsi delle parole e degli atteggiamenti causati dall’orgoglio, dall’odio, dal desiderio di dominare gli altri, dall’inimicizia verso i membri di altre religioni e verso i gruppi più deboli della società, come i migranti e gli zingari”.
Al termine dei tre momenti, ha preso la parola Papa Francesco che, ringraziando gli ospiti giunti in Vaticano, ha auspicato che “questo incontro sia l’inizio di un cammino nuovo alla ricerca di ciò che unisce, per superare ciò che divide”.

LE PAROLE DEL PAPA

“Signori Presidenti – ha detto ancora il Pontefice – il mondo è un’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, ma è anche un prestito dei nostri figli: figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l’alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri dell’inimicizia e di percorrere la strada del dialogo e della pace perché l’amore e l’amicizia trionfino”. E “molti, troppi di questi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante strappate nel pieno rigoglio. E’ nostro dovere far sì che il loro sacrificio non sia vano. La loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti”.

“MOSTRARE CORAGGIO E GRANDE FORZA D’ANIMO”

Bergoglio chiede ai suoi ospiti di avere e mostrare “coraggio” e “grande forza d’animo”. Perché solo così si potrà rispondere alla chiamata a “spezzare la spirale dell’odio e della violenza, a spezzarla con una sola parola, ‘fratello'”. Ma, ha osservato infine Francesco, “per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli di un unico Padre”.

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