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Come finanziare bene e correttamente la politica

“I partiti specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche e operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro…”.

IL DISCORSO DI CRAXI ALLA CAMERA

Era una calda giornata del 3 luglio del 1992 quando l’ex leader socialista Bettino Craxi pronunciò queste parole alla Camera dei deputati. In quell’aula nessuno si alzò e si banalizzarono le parole di Craxi come quelle di un “già condannato dalla storia” non comprendendo che il nodo del finanziamento alla politica e del rapporto tra i partiti e gli “interessi” legittimi ed anche quelli illegittimi andasse regolamentato.

IL REFERENDUM DEL 1993

Nel 1993, in un clima di ipocrisia nel quale la pancia dell’opinione pubblica esprimeva già l’idea che la politica non costasse, vinse il referendum sull’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Un referendum che avrebbe potuto aprire la strada al finanziamento diretto della politica da parte dei cittadini ma che invece non portò nulla. I finanziamenti rimasero ma cambiarono nome e procedura.

I COSTI DELLA POLITICA

Sempre con grande ipocrisia non si è affrontato negli ultimi vent’anni, o forse come disse Craxi in quell’intervento dall’inizio della storia repubblicana, il tema dei costi della politica. Di quelli sani e necessari ad avere un rapporto corretto con il cittadino e non quelli tesi a creare storture parassitarie come quelle denunciate da giornalisti come Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo o da puntuali rapporti come quello annuale della Uil.

UNA QUESTIONE DI FIDUCIA

Oggi, condizione necessaria per affrontare con serenità il tema dei costi della politica, e di conseguenza quello del finanziamento pubblico, è ristabilire il rapporto di fiducia e legittimazione della rappresentanza tra i cittadini elettori e gli eletti. Proprio quel rapporto che, anche grazie alla sciagurata legge elettorale ribattezzata dal suo estensore “Porcellum”, si è drammaticamente interrotto.

L’AUTOFINANZIAMENTO

Una occasione affinché questo possa avvenire viene dall’abrogazione dei finanziamenti diretti ai partiti con una legge che, pur restando nel filone dell’ipocrisia (fa rientrare dalla finestra i soldi tolti dal finanziamento diretto attraverso il 2 per mille e la cassa integrazione ai dipendenti dei partiti…), impone ai partiti di creare un sistema di autofinanziamento diffuso, attraverso il quale saranno le microdonazioni a contare e quindi i cittadini ad avere l’ultima parola attraverso il due per mille o le donazioni fiscalmente incentivate.

LA SFIDA DELLA POLITICA ITALIANA

Perché però questa occasione sia colta, la politica italiana dovrà riacquistare credibilità parlando il linguaggio della trasparenza, nella costruzione del consenso, così come nella raccolta delle risorse finanziarie utili a sostenere un progetto politico. Questo è il messaggio principale del libro che qui introduciamo e che apre la Collana di Competere con Rubbettino Editore.

FUNDRAISING POLITICO

Abbiamo scelto di aprirla con lo studio realizzato da Raffaele Picilli e Marina Ripoli sul fundraising politico, perché il tema dei costi della politica è alla base della disaffezione dei cittadini verso le istituzioni ed i partiti. Questa disaffezione complica il dibattito e quindi l’elaborazione di nuove proposte, conferendo alla politica un senso di impotenza.

COSA VUOL DIRE FUNDRAISING

Partendo dall’assunto che il fundraising non sia semplicemente ricerca di fondi, gli autori propongono una lettura globale di quest’attività applicata alla politica contestualizzandola nello scenario nazionale, che ha recentemente visto il varo di una legge per la riforma del finanziamento pubblico ai partiti, e in quello internazionale, evidenziando come l’equilibrio migliore nei principali paesi del G20 sia il mix tra i finanziamenti pubblici ai partiti e quelli privati raccolti grazie a campagne professionali di fundraising.

COMUNICAZIONE E POLITICA

Nell’incipit del volume, Marina Ripoli spiega come la comunicazione rappresenti l’anima e il fondamento di una buona campagna di fundraising e people raising politico, non solo da un punto di vista operativo. È infatti una comunicazione della politica coerente, trasparente, credibile che può contribuire a ricostruire quel rapporto di fiducia – oramai logorato – che in una sana democrazia lega invece i cittadini alla politica. È questa la condizione fondamentale affinché il fundraising possa diffondersi ed avere successo in Italia.

STRATEGIE E TECNICHE DI RACCOLTA

Se le strategie e le tecniche della raccolta fondi applicate alla politica sono quindi ancora poco conosciute e parzialmente utilizzate nel nostro Paese, nei capitoli successivi Raffaele Picilli ne propone una dettagliata descrizione combinando i contributi dei principali fundraiser italiani a consigli pratici utili ad incoraggiare un approccio professionale al fundraising politico nelle nostre campagne elettorali.

L’ESEMPIO DI OBAMA

Un esempio per illustrare l’utilizzo di tali tecniche ci porta a gettare lo sguardo oltre confine. È Laura Nannelli ad analizzare il modello statunitense dell’e-campaign di Barack Obama.

SOCIAL NETWORK

In definitiva, il libro fornisce utili strumenti a chi vuol raccogliere fondi per sostenere la buona politica: dal candidato alle elezioni nazionali a quello per le elezioni locali, da chi deve amministrare una piccola sezione di partito a chi, già in politica, vuole raccogliere fondi per progetti sociali.

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