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La rinascita italiana avverrà sotto il segno dell’industria

“Agli Stati il rigore, all’Unione europea la crescita”. Emoziona leggere Jacques Delors, uno dei padri dell’Europa unita, che cita il compianto ex ministro Tommaso Padoa Schioppa. Accade alla vigilia del semestre di presidenza Ue dell’Italia, sei mesi in cui bisogna fare le riforme strutturali a livello nazionale, ma anche aprire uno spazio nelle politiche di austerità finora adottate.

“Una Italia –auspica Lorenzo Bini Smaghi, che è stato nel “board” della Bce – capace di cambiare, di riformarsi, che riesce ad incidere in Europa avanzando proposte concrete e partecipando attivamente ai tavoli strategici dove si decide il futuro dell’Europa”.

Le idee per lo sviluppo non sono difficili da trovare: “Ciò che è difficile nei processi di cambiamento – osserva Sandro Catani, consulente per il capitale umano – è la realizzazione, perché si mettono in discussione interessi, vecchi equilibri e comportamenti consolidati”. Mai come ora anche le idee per l’industria prosperano. Ma soprattutto in questo campo, come amava ripetere quel genio di Albert Einstein, “i problemi non possono essere risolti nello stesso contesto in cui sono nati”.

Eppure, ora tutti ne parlano ed il semestre che sta per cominciare nasce proprio sotto il segno dell’industria. Nei giorni trascorsi sono state molto apprezzate le otto proposte formulate dall’ex premier Romano Prodi a favore della rinascita industriale attraverso il rafforzamento delle nostre strutture produttive. Addirittura, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, le ha definite una cassetta degli attrezzi preziosa per il governo.

Una che di politica industriale se ne intende, Giulio Sapelli, è andato al nocciolo della questione. “Quel che serve – ha replicato sul Messaggero – è elevare la produttività del sistema Paese e quindi servono infrastrutture, servizi informatici, eccetera”. Se è vero per l’Italia, lo è anche per l’Europa. Secondo Roberto Crapelli, a.d. di Roland Berger Italia sono cinque le azioni da realizzare a livello continentale: “Tornare ad avere – precisa – un ambiente generale attrattivo per investimenti, innovazione ed imprenditorialità; realizzare investimenti infrastrutturali di primaria qualità per agevolare il più possibile le industrie manifatturiere; sviluppare una politica europea di ricerca e sviluppo coordinata;creare uno scenario molto più agevole per le start-up; intraprendere con decisione la strada per realizzare i nuovi paradigmi della produzione industriale intelligente”.

Il professor Sapelli rincara la dose: “La crescita – annota – richiede imprese nuove intrise di nuove tecnologie nel settore della miniaturizzazione, nelle nanotecnologie, nell’intelligenza artificiale anche con joint venture pubblico-private su scala transnazionale, così da inserirsi nel disegno Usa del Trans Atlantic Act e del Trans Pacific Art”.

Fare politica industriale, però, è soprattutto questione di cambiamento culturale. E su questo versante solamente accogliendo senza pregiudizi la diversità, rappresentata da giovani e donne meritevoli, si può restituire al Paese speranza, ambizione, fiducia. Insomma, voglia di futuro.

Antonello Di Mario è direttore di “Fabbrica società”.

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