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Tutte le rogne di Angelino Alfano

Angelino Alfano rilancia. Dalle colonne de la Repubblica propone a Renzi un patto per i prossimi mille giorni basato su tre pilastri: shock fiscale, frustata antiburocratica e abolizione dell’articolo 18. L’impressione che si ha però è che il leader del Nuovo Centrodestra alzi la voce per non sentire, e non far sentire, tutti i malumori che si agitano nel suo partito.

L’esordio poco brillante alle urne con le Europee, i rapporti altalenanti con il premier Matteo Renzi, i problemi sul territorio, il grande partito dei moderati che stenta a decollare. Sono tanti i fronti che turbano gli alfaniani e che potrebbero finire sul tavolo dell’assemblea nazionale del partito il prossimo 26 luglio.

MINISTRO O LEADER?
Una delle accuse che più spesso vengono mosse al ministro dell’Interno è quella di essere troppo ministro e troppo poco leader. Per questo, il senatore Giuseppe Esposito, responsabile organizzativo del partito a Salerno e vicepresidente del Copasir, ha dedicato un video ad “Angelino” in cui gli chiede di lasciare l’incarico governativo e dedicarsi al 100% al partito: “Dov’è finito lo spirito che animava la grande manifestazione dell’8 Dicembre del 2013 a Roma? Allora Angelino Alfano tracciò il percorso che ci avrebbe portato ad essere un’entità politica forte e determinante, ma poi quella luce si è spenta ed è stata assorbita dalle tante, troppe operazioni di governo e sono state mollate un po’ le redini”.

I POTENTATI SUL TERRITORIO. IL CASO PIEMONTE
Un altro problema evidenziato da Esposito è nella gestione del partito a livello territoriale: “Siamo andati avanti con nomine di partito che rischiano di creare piccoli potentati territoriali e basta”, denuncia in un’intervista al Mattino.
Una vera grana come dimostra il caso Piemonte. Qui è in corso una guerra tra i fedeli di Vito Bonsignore, politico di lungo corso ed esponente di rilievo di Ncd, e degli alfaniani piemontesi che chiedono rinnovamento e facce nuove. Il dossier è finito anche tra le mani di Alfano.

RENZI O NON RENZI?
Ulteriore tema caldo in Ncd è il rapporto con il governo. C’è chi come Renato Schifani consiglia di pungolare di più sulle riforme, in primis sulla legge elettorale. E chi invece vuole appoggiare convintamente l’azione dell’esecutivo. Il senatore Paolo Naccarato ha addirittura lasciato Ncd per approdare al gruppo misto per “facilitare questo percorso di grande cambiamento”.

COALIZIONE
Ha fatto discutere inoltre il sostegno di molti esponenti di Ncd alle primarie di coalizione promosse da Giorgia Meloni: Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Roberto Formigoni, Fabrizio Cicchitto, Nunzia De Girolamo e Barbara Saltamartini.
Un progetto apertamente osteggiato da Sergio Pizzolante, vice-presidente del Nuovo Centrodestra a Montecitorio e parlamentare di storia socialista e craxiana, su Formiche.net: “Non credo all’ineluttabilità della ricostruzione del centro-destra. Realtà che, nella forma in cui l’abbiamo conosciuta per vent’anni, non esiste più”.
Sulla possibilità di un’alleanza tra partiti così diversi come Ncd e Lega, lo stesso Alfano sembra avere più di un dubbio. Come rivelano le sue parole a Repubblica: “Tra noi e Salvini ‘è una grande differenza. Noi vogliamo contrastare ‘immigrazione clandestina, salvare la vita a chi fugge dalle persecuzioni e ottenere che l`Europa prenda in mano la vicenda. Salvini ha tutto l`interesse a non risolvere il problema per poterci lucrare sopra. Del resto lui sta costruendo una destra estrema, lepenista, anti-euro e razzista. Esattamente quella che il Ppe considera avversaria”.
E anche a proposito di Forza Italia, il ministro dell’Interno fa notare che prima di parlare di qualsiasi coalizione “ci vorrebbe una moratoria degli insulti da parte dei giornali”. E che ogni accordo passa comunque dalla legge elettorale che per Ncd non può essere l’Italicum.

Scettico anche Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri di Montecitorio e maggiorente del partito: “Tra Forza Italia e il Nuovo centrodestra non ‘è omogeneità politica, e con la Lega nord e Fratelli ‘Italia manca pure quella programmatica”. Non proprio il “qui mi sento a casa”, pronunciato da Nunzia De Girolamo dai banchetti di piazza Montecitorio la scorsa settimana.

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