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Delrio, giù le mani dall’Italia

E’ notizia di queste ore che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega alle politiche di coesione territoriale e allo sport, Graziano Delrio, ha lanciato la proposta di emissione di “euro union bond” al fine di mutualizzare il debito pubblico, ovvero parte di esso, mediante la creazione di un “fondo federale europeo” al quale ogni Stato membro conferisce una porzione del “proprio patrimonio pubblico immobiliare e non”.

Inoltre il sottosegretario, sempre in una una intervista al Corriere della Sera, attribuisce a Romano Prodi e ad Alberto Quadrio Curzio l’esclusiva paternità della proposta, mentre sarebbe stato più opportuno fare riferimento direttamente a quella consegnata a fine marzo scorso alla Commissione Europea da un Gruppo di esperti nominati ad hoc direttamente dal Presidente Barroso e di cui ho già personalmente analizzato i contenuti e le finalità in un articolo pubblicato lo scorso aprile.

A questo punto sarebbe estremamente interessante sapere direttamente dal sottosegretario Delrio, proprio in funzione del suo importante ruolo svolto nel governo, se la sua sortita è una specie di “avviso” preliminare di quello che già è stato deciso fra Bruxelles, Francoforte e Berlino, magari in contropartita rispetto alle aperture di concessione di flessibilità nei confronti dell’Italia e se il resto del governo, ad iniziare dal Presidente del Consiglio, sono partecipi di questa proposta.

Sarebbe non solo interessante, ma quanto mai opportuno, mettere al corrente l’opinione pubblica se il sottosegretario ci sta iniziando a rivelare che il governo italiano è favorevole all’adesione del cosiddetto Fondo di Redenzione Europeo, l’ERF, concepito sin dal 2011 dal Consiglio di esperti economici a disposizione del Cancelliere tedesco e ripreso fedelmente dal citato comitato di esperti europei o se sta escogitando qualcosa di autonomo da sottoporre alla rinnovata Commissione Europea.

Dalle poche righe scarne dell’intervista dedicate all’argomento, tutto fa intuire che sia purtroppo la prima ipotesi e che per l’ennesima volta si va verso l’attivazione di un “pilota automatico” nel tentativo di creare meccanismi tecnici per tenere in vita un malato allo stato terminale, dove per malato terminale s’intende una costruzione monetaria nata male e proseguita ancora peggio.

Delrio, in modo estremamente superficiale, si auspica che per ridurre l’entità dello stock del debito pubblico si debba procedere alla creazione di un “fondo federale europeo per l’emissione di euro union bond” asservendo, non a garanzia collaterale ma disponibili alla vendita, porzioni “del proprio patrimonio pubblico immobiliare e non”. Sarebbe necessario anche comprendere cosa si cela dietro quel “non”, in quanto lo studio depositato a fine marzo scorso dal comitato di esperti sopra citato, prevede anche l’asservimento di asset, partecipazioni di proprietà dello Stato, riserve auree e valutarie e parte della fiscalità nazionale, come ad esempio l’intero gettito IVA.

Graziano Delrio, provenendo dall’esperienza di primo cittadino di una città importante come Reggio Emilia, dovrebbe sapere benissimo che la maggioranza del patrimonio pubblico italiano è attualmente detenuto dalle Amministrazioni locali e che pertanto è di difficile e immediata disponibilità, specialmente se destinate a supporto di emissioni di eurobond finalizzati alla riduzione del debito statale. Il puntuale studio-censimento del patrimonio pubblico italiano, effettuato nel settembre del 2011 dal prof. Edoardo Reviglio, evidenzia molto chiaramente questa problematica.

Ma l’aspetto più importante che sembra sfuggire al sottosegretario è quello che definisce “Fondo federale europeo” e che non è altro che l’European Redemption Fund, è stato concepito con il preciso scopo di “blindare” l’applicazione del Trattato sulla stabilità, ovvero del Fiscal Compact, cioè dell’art. 4 che fissa la riduzione pianificata dell’eccedenza del parametro del 60% fra il debito pubblico e il PIL, così come posto a fondamento da Maastricht e ribadito da Lisbona.

Mettendo a disposizione gli “attivi” pubblici del nostro Paese, saremmo pertanto esposti alla terribile logica di soddisfare unicamente gli interessi dei creditori e non dei debitori, delegando ad un’entità comunitaria la gestione per la vendita dei nostri beni e c’è da scommetterci che seguirà metodi da liquidatore fallimentare e non certo nel nostro unico interesse.

E’ forse questa la contropartita che i nostri partner europei, ad iniziare dalla Germania, hanno chiesto e preteso per concederci le briciole derivanti da una non ancora definita “flessibilità”? Gentile Delrio, è a conoscenza di questi aspetti o è stato mandato avanti allo sbaraglio da un governo che non riesce, al di là dei proclami, a proporre reali e proficue proposte?

Chi si auspica la mutualità dei debiti con emissioni comuni non valuta che la porzione di debito che rimarrebbe in “gestione nazionale” subirebbe, per ovvie leggi di mercato, una disaffezione che si tramuterebbe in una caduta dei corsi e conseguentemente a un innalzamento dei tassi tali da annullare ampiamente i risparmi scaturiti da emissioni comuni, senza considerare che gli investitori già valutano attualmente le nostre emissioni tenendo conto del collaterale offerto dallo stesso patrimonio pubblico!

Insomma caro sottosegretario, non si rende conto che il suo rilancio sulla mutualità dei debiti è in realtà l’ennesima trappola già confezionata da tempo nei corridoi del potere oligarchico europeo che ci legherà mani e piedi in modo irreversibile verso un disegno che prevede di estraniare completamente da qualsiasi potere decisionale i governi nazionali?

Le ricordo che si stratta di svendere e non vendere un immenso patrimonio che è e deve rimanere nella disponibilità del popolo italiano e non messo a disposizione di un’entità sovranazionale nell’interesse esclusivo di creditori. Con quali criteri pensa che venga alienato il nostro patrimonio pubblico se invece viene gestito da euroburocrati che debbono salvaguardare solo ed esclusivamente gli equilibri del sistema finanziario europeo? Se la stessa stagione delle privatizzazioni italiane, gestite peraltro in casa, è naufragata nel modo in cui tutti tristemente conosciamo, come pensa che possano essere un successo se decise oltre confine?

E’ a conoscenza del fatto che il solo patrimonio immobiliare privato italiano ammontava nel 2011, secondo uno studio redatto da Banca d’Italia, a 5.200 miliardi di euro e che attualmente si è depauperato di un buon 20% e che l’immissione di una consistente quantità d’immobili sul mercato provocherebbe un’ulteriore deprezzamento a discapito di tutti, visto che il debito italiano viaggia a 2146 milairdi e che non si tratta di dismettere solamente le canoniche “caserme di Cuneo”?

Le emissioni comuni di bond determinerebbero poi la mutazione dallo status di giurisdizione nazionale a quello comunitario di gran parte del nostro debito, facendoci di fatto ripercorrere l’esperienza Argentina, in quanto ci precluderebbe definitivamente la possibilità di poterci appellare alla lex monetae perché non più applicabile la nostra legge. E’ questo il pegno che ci è stato chiesto?

Insomma ci faccia sapere al più presto se le sue dichiarazioni rientrano nelle ormai consuete sparate mediatiche o se celano realmente le intenzioni del governo di aderire all’ERF. In ultimo sono curioso di conoscere le valutazioni in merito da parte dei vertici del M5S, visto che avevano fissato nei famosi 7 punti per le Europee l’emissione di eurobond. Sono certo che alla luce di come si desidera utilizzare invece questo strumento per mutuare i debiti, il Movimento di Grillo farà molto velocemente un paio di passi indietro!

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