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Perché Renzi deve ascoltare il renziano Carrai se vuole abbattere il debito

Pubblichiamo grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori e all’autore, l’analisi dell’editorialista Guido Salerno uscita oggi sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

La sveglia è suonata: “Per tagliare il debito, subito un Fondo Patrimonio Italia”. La nota è firmata da Marco Carrai, presidente del Cambridge Management Consulting Labs, professionista notoriamente vicino al Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

 

I NUMERI DELUDENTI

Con il pil italiano che non cresce, nonostante i vaticini dell’ex presidente del Consiglio Mario Monti che già due anni fa vedeva la luce in fondo al tunnel e le fin troppo rosee previsioni del Def che accredita per quest’anno ancora un +0,8%, la disoccupazione giovanile che staziona a livelli record e la necessità almeno di prorogare il bonus degli 80 euro in busta paga che sono valsi il 40% dei consensi elettorali alle elezioni europee, per Palazzo Chigi l’approssimarsi della legge di stabilità è un incubo.

LE SOLITE RICETTE DEL MEF

Sappiamo bene quali sono le ricette di via XX Settembre, ormai terrorizzato perché non può dare in pasto all’opinione pubblica una nuova riforma delle pensioni. Potrebbe provarci ancora, ad azzerare la Cassa integrazione ed i pochi altri ammortizzatori sociali, ma dovrebbe aumentare molto di più le spese per la pubblica sicurezza, per autoblindo e manganelli. Con la piazza non si scherza.

LA CHIMERA SPENDING REVIEW

Adesso che non sono di moda i condoni fiscali-previdenziali-edilizi, il menu sarebbe indigesto: aumenti delle aliquote, deduzioni fiscali ridotte, accise inasprite, salassi sui ticket sanitari per ricette-e-prescrizioni così come su ricoveri-e-prontosoccorso. Tagli di qui e blocchi di là, anche la spending rewiew si è rivelata una chimera.

I SOGNI SVANITI SULLA FLESSIBILITA’ EUROPEA

L’illusione che la crescita potesse essere attivata con una maggiore flessibilità delle regole del Fiscal Compact e che le T-Ltro decise dalla Bce ad inizio giugno potessero dare davvero una sferzata all’economia italiana è già svanita. E’ finalmente chiaro che le finanze pubbliche italiane non si risanano a suon di tasse e di patrimoniali dissimulate, come l’Imu e la Tasi. Ci sono voluti tre anni esatti, per far arrivare il messaggio.

TRE ANNI DI BATTAGLIE

E’ dall’agosto del 2001, infatti che ci si batte per un intervento straordinario per abbattere il debito pubblico. Con la politica dell’avanzo primario, lo abbiamo limato anno dopo anno a partire dal 1993, sacrificando però la crescita: sono risorse che vengono sottratte all’economia reale per rimborsare i debiti. Ancora oggi, l’Italia è l’unico paese europeo ad avere un avanzo primario positivo, assieme alla Germania: ma è ben per questo che la crescita è una chimera.

I COSTI DEL NON FARE

Dovendo pagare 85 miliardi di interessi sul debito già accumulato, lo Stato spende meno di quanto recupera con le tasse, mentre il nuovo deficit non stimola l’economia ma serve a pagare la parte residua degli interessi non coperta dall’avanzo primario e concorre così a creare nuovo debito. E’ un ciclo infernale, perché gli aumenti delle tasse ed i tagli alle spese nel frattempo hanno fatto fallire centinaia di migliaia di aziende, creando non pochi problemi alle banche.

LA RICCHEZZA DA COINVOLGERE

Il paradosso, che ora anche Marco Carrai mette in luce, è rappresentato dalla enorme ricchezza patrimoniale accumulata dallo Stato italiano nelle sue diverse articolazioni. Nel 2004, a valori correnti, l’attivo patrimoniale delle Pubbliche amministrazioni superava ampiamente il passivo, di ben 339 miliardi di euro: a fronte di 1.816 miliardi di asset, i debiti erano appena 1.476 miliardi. Sarà pure vero che i valori immobiliari sono scesi con la crisi, sarà pure vero che il debito pubblico è salito da allora in valore assoluto, ma non c’è dubbio che mettere scambiare titoli di debito con titoli di proprietà di un Fondo cuo vanno conferiti gli asset pubblici fruttiferi è l’unica soluzione finanziariamente possibile per uscire dal gorgo infernate: più tasse, meno crescita; meno crescita più tasse, in cui siamo finiti.

LA LEZIONE CHIAMATA SCIP

Lo Stato faccia ordine nel proprio compendio patrimoniale, immobiliare e mobiliare: è stato accumulato con la tassazione. Non indulga alla tentazione di spogliare le famiglie dei loro asset per mantenere indenne la sua manomorta, che costa e non rende. Non indulga ancora alla tentazione di vendere alla spicciolata, pezzo per pezzo: è una grande fatica che produce risultati risibili. La vicenda degli Scip dovrebbe suonare da monito: alla fine molti immobli sono stati restituiti agli enti proprietari.

PERCHE’ SERVE UN FONDO PATRIMONIALE ITALIA

C’è un vantaggio enorme nel costituire un Fondo patrimoniale degli Italiani, che ha come missione quello di gestire e non di vendere: gli asset degli enti locali hanno un valore superiore ai loro debiti in essere. Ciò significa che, al netto del rimborso, gli enti locali avrebbero ancora una partecipazione attiva nel Fondo. Vanno conferiti al Fondo non solo gli immobili, ma anche le aziende, tutte le partecipate, senza eccezione: è l’unica maniera per spezzare il vincolo di interessi che oggi ne fa un buco nero.

LA SOLUZIONE INDISPENSABILE

Costituite il Fondo patrimoniale degli Italiani è una soluzione indispensabile: si scambia una porzione rilevante di debito pubblico con titoli di partecipazione, riducendo l’abnome rapporto sul pil che ci penalizza e che terrorizza i mercati; si valorizza il patrimonio immobiliare e mobliare senza privatizzarlo, e soprattutto senza svenderlo; si crea una occasione di investimento per i fondi pensione ed i fondi immobiliari, alla ricerca di asset redditivi e di prospettica valorizzazione; si coniuga il mantenimento di una grande proprietà collettiva con la efficienza della gestione privata; si riduce il costo degli interessi sul debito pubblivo che svena il Paese.

IL BIVIO

Dobbiamo scegliere quale è il nostro futuro: se nei prossimi vent’anni il lavoro degli italiani dovrà servire il più colossale debito pubblico mondiale, riducendo progressivamente i redditi ed il patrimonio privato, oppure se ci potremo dedicare alla valorizzazione di un patrimonio pubblico immenso, immobiliare e mobiliare, senza svenderlo, abbattendo il debito. A noi la scelta.

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