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Tutti i dubbi europei su Renzi il Riformatore

Sole, mare e sorrisi per l’arrivo della Costa Concordia a Genova. Una bella foto di Matteo Renzi con la Ministro Roberta Pinotti campeggiava ieri nella sezione commenti del quotidiano conservatore Die Welt, con 208.000 copie vendute e le oltre 400.000 dell’edizione domenicale Die Welt am Sontag, uno dei più diffusi in Germania. Gioia di vivere e clima estivo, recitano poche righe a commento. A seguire, due pezzi accostano l’esito dell’epopea della sventurata Concordia – “balsamo per l’orgoglio ferito degli italiani” – e il nuovo corso di annunci roboanti, dichiarazioni e promesse di riforme epocali aperto dal mandato di Matteo Renzi, rafforzato dalla poderosa affermazione delle elezioni europee.

Piuttosto retorico e ridondante, l’articolo sciorina tutto l’armamentario di giudizi e pregiudizi sul carattere incostante degli italiani, mediterraneo e poco incline al rispetto delle regole, capaci di promettere sempre e mai mantenere come l’avvicendarsi di governi a parole riformatori – dall’austero Monti a Letta a Renzi – nei fatti inerti, ha ancora una volta dimostrato. Matteo Renzi, e il paese con lui, agisce insomma come un adolescente “ein Heranwachsender” che gli adulti – i partner europei – osservano con bonaria indulgenza, disposti a perdonarne eccessi e inesperienza, nella speranza che porti stabilità alle oscillazioni della politica italiana.
Prova ne sia, continua il giornalista, la comprensione con cui a Bruxelles hanno accolto, al termine dell’ultimo vertice sulle nomine, il tono ruvido con cui Matteo Renzi – deluso per il mancato accordo sulla candidata italiana Federica Mogherini al ruolo di Alto Rappresentante dell’Unione – non avendo ottenuto ciò che voleva, faceva sapere che per lui “tanto sarebbe valso non incontrarsi affatto”.

Sempre sul fallimento del vertice europeo, d’altronde, un altro commentatore, il belga Jurek Kuczkiewiz ha pubblicato lo scorso 18 luglio sul quotidiano Le Soir, con il titolo Les raisons du fiasco des nominations un’analisi assai poco lusinghiera dell’approccio scelto da Matteo Renzi per imporre la propria candidata. Con l’irruenza consapevole che gli è propria, il Presidente del Consiglio italiano non avrebbe preparato a dovere il terreno, e si sarebbe presentato in ritardo al vertice senza partecipare al tradizionale incontro preparatorio con i Capi di Stato e di Governo socialisti che lo precede, per verificare congruenze e una strategia comune.

Sono numerosi gli articoli che testimoniano come si stia lentamente raffreddando l’iniziale entusiasmo della stampa estera per il capo del governo italiano. Il 12 luglio, Charlemagne, nel suo A twitter about Renzi, apparso su The Economist, ricordava come oggi il termine del vasto programma renziano – per dirla come de Gaulle – è non più di 100, ma di 1000 giorni, con un considerevole cambio di prospettiva rispetto al ritmo di una riforma al mese annunciato a inizio mandato.

La poderosa affermazione del PD di Renzi alle europee e il clamoroso 40,8% raggiunto, se da una parte suscitano negli osservatori rispetto per la capacità di rispondere all’interno di un paradigma non antieuropeo alle spinte del populismo non solo a cinque stelle, d’altro canto accrescono le aspettative per la realizzazione della visione trasformativa della società italiana di cui si è fatto portatore l’ex sindaco di Firenze nella sua rapida ascesa.

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