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Ecco come arrestare la conclamata depressione economica

L’Istat ha certificato che siamo nella più lunga recessione dell’economia italiana dalla fine della seconda guerra mondiale. Gli economisti lo sapevano già: in gennaio i 20 istituti previsionali del sistema del consensus (tutti privati, nessuno italiano) avevano stimato allo 0,2% la crescita del Pil italiano nel 2014 (rispetto allo 0,8% del governo) avvertendo inoltre che si trattava di un dato “fragile” e a rischio di peggioramento. Il governo ha fatto finta che il dato del consensus non fosse stato prodotto (in quanto non proveniente da una fonte “nostrana” come Csc, Irs. Cer, Prometeia).

I MOTIVI DEL PIL MOSCIO

La stampa economica ha seguito il governo o per ignoranza o per il vizio di compiacere il potere. Le determinanti sono note: la produttività multifattoriale (del capitale, del lavoro, del “fattore residuo”) ha ristagnato per dieci anni e, poi, ha cominciato a calare. Ciò dipende da numerosi elementi: rigidità da parte dell’offerta (non solo di lavoro ma anche di merci e soprattutto servizi), invecchiamento della popolazione, senescenza degli impianti, incertezza delle regole (riforme che si accavallano a riforme), un sistema giudiziario che scoraggia attività economiche. E via discorrendo.

I DIVERSIVI

La politiche pubbliche non si sono interessate a questi problemi ma ad altro, dimenticando che i riassetti istituzionali comportano sempre un rallentamento economico per il costo, se non altro, di imparare le nuove procedure e prassi. Unitamente all’aumento dell’oppressione fiscale, hanno aggravato la situazione.

GLI EFFETTI DELLA DEPRESSIONE

Il vero pericolo non è la recessione ma la depressione di cui si vedono già segnali nella deflazione. Rischiamo di avvitarci in un circolo vizioso da cui sarà difficile uscire. La storia economica degli ultimi duecento anni dimostra che per uscirne o si ha piena sovranità monetaria e Indipendenza totale di politica di bilancio (e si avvia un processo di crescita inflazionistica) o si va verso forme di autoritarismo (per bloccare il disagio sociale). Se l’obiettivo è quello di andare, anche temporaneamente, ad autoritarismo siamo sulla buona strada. Se si vuole preservare la democrazia, occorre cambiare via. E farlo presto.

UN NUOVO PERCORSO

Nel breve periodo, ciò vuol dire accantonare la riforma istituzionale, sino a tempi migliori. E mettere tutte le energie su come uscire dal circolo vizioso economico. Ciò è possibile con azioni di breve e medio lungo periodo. Nel breve periodo, occorre sospendere o ancor meglio abolire gli articoli della “legge rafforzata sul pareggio di bilancio” (che la rendono più severa del Fiscal Compact) e che sono stati voluti da un eurocrate in una crisi di egomania (per farsi bello con i colleghi di Bruxelles) quando il destino (“cinico e baro” per l’Italia e gli italiani) gli ha fatto scorgere la possibilità di una carriera politica. In secondo luogo, occorre spingere “gli spiriti animali” della concorrenza, soprattutto nei servizi, liberalizzando tutto ciò che non è vietato a ragione di trattati internazionali sottoscritti dall’Italia: basta una legge di un articolo e due commi.

SPINGERE SUGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

in terzo luogo, si deve facilitare l’incanalamento del risparmio degli italiani verso investimenti pubblici e semplificare ulteriormente il pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese (computandoli come crediti  fiscali e mettendo gli interessi di mora a carico dei responsabili dei procedimenti). Sono queste misure da adottarsi prima della fine del mese di agosto. Anche per fare comprendere agli italiani ed al resto del mondo che si fa sul serio. Teniamo presente che in termini reali (altro aspetto taciuto dai giornali) lo spread è tornato a livelli molto elevati. Segno che la fiducia nei confronti dell’Italia è  più a chiacchiere che nella realtà effettuale delle cose.

LE MISURE A PIU’ LUNGO TERMINE

Se queste misure vengono prese nell’immediato, si potrà affrontare il medio e lungo termine con l’elaborazione di un “patto sociale”, se del caso con l’apporto del CNEL diretto principalmente a i) ridurre il debito pubblico (ci sono vari programmi sul tappeto); ii) privatizzare tutto il privatizzabile; iii) ridurre l’oppressione fiscale.

A riguardo, la stampa internazionale ha accolto molto male la frase pare pronunciata da una Signora italiana secondo cui in un Paese di cultura cattolica l’evasione sarebbe endemica. Il primo agosto aduna colazione l’amministratore delegato della Audi (proprietaria della nostra Ducati) ha detto (off-the-record) che in questo modo dalla discriminazione nei confronti dei cattolici, si va quella contro i protestanti, gli ebrei, gli africani, gli arabi e quant’altro. Se la frase è stata pronunciata sarebbe bene che la gentildonna si ritiri in convento a meditare. Per il resto dei suoi giorni.

Dato che il razzismo si coniuga con l’autoritarismo, ammesso che non sia proprio questa la strada che, con recessione, deflazione e depressione si voglia seguire.

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