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Giù le mani da De Gasperi

Alcide De Gasperi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’onorevole Fioroni, nei giorni scorsi, ha proposto di intestare la festa nazionale de “L’ Unità” ad Alcide De Gasperi. La stampa ha rilanciato questa idea con commenti, a mio avviso, non esaustivi. Viene naturale porsi una domanda: che c’entra la storia di De Gasperi con quella di cui è espressione il quotidiano a suo tempo fondato da Antonio Gramsci. Certamente non vi è alcun legame. E allora perché Fioroni propone tutto questo? Non è una boutade, ma un tentativo di dare una motivazione postuma ad una scelta a suo tempo fatta da molti ex democristiani, che si ritrovarono in una area politica dominata dalla nomenclatura che aveva “governato” il Pci.

Certo amici come Fioroni avranno “sofferto”, ma il loro travaglio non ha impedito, alla vigilia delle elezioni europee, al PD di Renzi di collocarsi nel Partito Socialista Europeo senza che qualche timida resistenza sortisse alcun effetto (nemmeno un’attenzione formale da parte di Renzi che se ne è “fatto una ragione” versione più elegante del romanesco” non me ne può fregar de meno). Ma allora la proposta perché? Cambia il PD e si accinge a rifarsi alla lezione degasperiana? De Gasperi è figlio di quella stagione politica, di quelle battaglie per la libertà, la democrazia, la giustizia, la centralità dell’uomo. Se si colloca lo statista trentino fuori da quelle scelte di vita, non è più Lui! E’ un’altra cosa!

Ma con il ragionamento di Fioroni si rischia di mescolare la storia aumentando la confusione e giocando con “innesti” che non aiutano la politica. Ci possono essere oggi convergenze, impegni comuni, ma nella chiarezza, senza sradicamenti o “traslochi “come se De Gasperi fosse i bronzi di Riace che molti vogliono all’Expo di Milano per arricchire quell’evento. Certo oggi qualche amico che sta nel PD pensa che la gestione Renzi rimetta “in pista” gli ex democristiani. Capisco anche questo. Dopo le “mortificazioni” di convivere con gli ex Pci oggi debbono “accettare” la preziosa alleanza con Berlusconi.

La scissione del Ppi nel 1995 si consumò sul rifiuto di amici di accettare una alleanza con il corruttore di Arcore. Ma c’è una riflessione finale da fare. Questo PD che c’entra con De Gasperi, che fu custode della centralità del Parlamento, della difesa dei partiti come momenti essenziale di formazione, di elaborazione e di partecipazione? De Gasperi all’interno della DC non ebbe mai vita facile. Affrontò il dissenso interno confrontandosi serenamente e rispettando le posizioni di tutti. La Dc nella stagione degasperiana (e non solo) non fu “monocorde “. La sua forza fu una classe dirigente che si affermava e a nessuno mai venne in mente di intimidirla o di omologarla.

Oggi il PD avrà pure messo in ombra una certa nomenclatura, ma è condizionato da un metodo che ricorda fin troppo una gestione centralizzata (centralismo democratico o burocratico) in nome della stabilità, del buon governo. Ma tanti sfregi alla democrazia si sono consumati in nome della efficienza, con risultati deludenti. Fassino è stato, nella confusione, veritiero auspicando l’accoppiata De Gasperi – Togliatti. Una proposta assurda. E allora? Ognuno conservi la propria storia e le proprie origini senza fughe in avanti ma recuperando la figura di De Gasperi che rappresenta i valori di un Paese che ha difeso, conservando libertà e democrazia senza forzature e senza inganni.

 

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