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I nuovi missili dei Mullah e la propaganda

L’Iran ha testato con successo il nuovo sistema missilistico terra-aria Talash-3 in grado di colpire obiettivi aerei anche a quote elevate. Il generale Farzad Esmaili, capo della Difesa aerea iraniana, che ha presentato il nuovo armamento sulla Tv di Stato, ha dichiarato che i nuovi missili permetteranno a Teheran di «abbattere qualsiasi bersaglio ostile». I risultati dei primi lanci-prova sono andati a buon fine e dal 22 settembre gli impianti saranno operativi.

Un sistema per lo più difensivo che andrà ad integrare i radar Arash-2 (studiato con il compito di rilevare droni anche di piccole dimensioni a una distanza di 150 chilometri) e Kayhan (che secondo le parole dell’alto ufficiale iraniano sarà in grado di rilevare con estrema precisione sia missili da crociera che droni).  Il 24 agosto, invece, erano stati ufficializzati i missili da crociera Ghadir e Nasr-e Basir, insieme ai due droni Karrar-4 e Mohajer-4.

Il gen. Esmaili ha fatto cenno anche a un nuovo sistema di catalogazione aerea, che permetterà all’aviazione (sia civile che militare) di Teheran di elaborare informazioni sui voli che attraversano il proprio spazio aereo. Il programma, sarebbe diventato quasi una necessità, a fronte del raddoppiamento del numero di voli di linea che attraversano i cieli iraniani: 900 nell’arco delle 24 ore – l’aumento è probabilmente il frutto delle deviazioni imposte dalle compagnie sulle proprie rotte, per girare alla larga dalla Siria e dall’Iraq.

Abitualmente l’Iran, che ha lanciato la propria industria militare a partire dal 1992 e che sta piano piano raggiungendo prodotti soddisfacenti, diffonde sui media statali i propri progressi tecnologici in campo militare. Normalmente è difficile confermare le notizie in modo indipendente, e la componente propagandistica e la volontà di creare deterrenza hanno un ruolo primario in questi annunci.

Non a caso, la notizia del sistema di intercettazione radar e di quello difensivo missilistico, arrivano a pochi giorni dal presunto abbattimento di un drone che sorvolava i cieli del sito nucleare di Natanz. Secondo quanto detto dai Pasdaran, che dell’abbattimento ne hanno fatto una questione di orgoglio nazionale (oltre che un proxy di politica estera), si trattava di un UAV israeliano. La ricostruzione della base di partenza del velivolo proposta dal regime, è sembrata subito confusa: da prima su Twitter era passata la notizia che erano stati i Paesi sunniti del Golfo a fare da sponda, versione poi sostituita da quella che vedeva come “collaboratore” degli israeliani un non-definito paese del blocco ex-sovietico (forse l’Azerbaijan). Su tutto, una gittata che secondo i tecnici iraniani si aggirava intorno agli 800 chilometri: lontana da quella reale dei sistemi senza piloti d’Israele (che si aggira sui 300).

Con il passare di giorni Patrick Megahan, esperto militare del think tank americano Foundation for Defense Democracies, ha completamente capovolto la versione fornita dal regime iraniano, sostenendo che quello mostrato nelle immagini diffuse non si trattava del drone isreaeliano Hermes 450, ma di un iraniano Shahed 129. La tesi batte su due differenze sostanziali tra i due modelli: 1) il drone israeliano è composto da un pezzo singolo, mentre lo Shahed è costituito da un blocco superiore e uno inferiore come si vede nelle foto; 2) il frontale, con l’Hermes 450 che ha il muso completamente curvo, mentre quello iraniano ha un’antenna davanti (riconoscibile nelle immagini il buco dell’antenna mancante).

Secondo queste analisi, i mullah non solo avrebbero tenuto nascosto che un proprio drone è precipitato all’interno del proprio territorio, ma avrebbero preso la palla al balzo per trasformare la notizia in una questione di propaganda anti-israeliana e filo-governativa. Sullo sfondo, la riapertura ufficiale delle forniture militari alla Palestina, che doveva essere giustificata – fonti del governo di Teheran, avevano fatto sapere che a fronte dell’invio del drone da parte di Tel Aviv, avevano deciso di tornare ad armare i palestinesi.

Gli iraniani sono campioni nel capovolgere le situazioni e trasformare vicende negative in leve positive: l’esempio più evidente di questi tempi, è l’Iraq. Il governo filo-iraniano di Maliki, ha prodotto con l’eccessivo settarismo sciita, il substrato d’attecchimento per i malcontenti sunniti da cui nasce il parossismo dell’IS. Se c’è un “colpevole” è lì che va cercato: e invece adesso, gli iraniani e le milizie sciite da loro controllate, stanno passando da salvatori della patria. E per altro, gli Stati Uniti devono “starci” (insieme).

@danemblog

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