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Ecco come Obama ha colpito il petrolio dell’Isis

Il piano di Barack Obama per sconfiggere lo Stato Islamico prende forma, colpendo al vero punto di forza del gruppo terrorista: la capacità di finanziarsi attraverso la vendita di petrolio.

LE RAFFINERIE (E I GIACIMENTI) DELLA JIHAD

Nel mirino dei raid Usa (seppur tra i dubbi di Cina e Russia, spiega la Cnn) sono entrate da ieri le raffinerie “modulari” dell’IS, impianti che hanno il vantaggio di poter essere montati e smontati secondo le esigenze e che costituiscono la base di una delle principali fonti di redditto dei jihadisti. La notte scorsa gli attacchi americani hanno colpito le installazioni per la produzione di greggio nella provincia orientale siriana di Deyr az Zor, ma stabilire a quanto ammontino le materie prime nelle mani del gruppo è difficile.

I TENTACOLI DELL’IS

In questa provincia, la più ricca di risorse energetiche nel territorio di Damasco, ma anche in quella della “roccaforte” Raqqa, l’Isis controlla quattro dei cinque principali giacimenti gestiti fino al 2011 dalla francese Total e dall’anglo-olandese Shell, dove a proseguire il lavoro sono tecnici locali. Invece nei mesi passati ha tentato di conquistare senza successo anche il giacimento di gas di Shaer.

In Iraq invece i pozzi dell’Isis non sono paragonabili a quelli sotto controllo curdo o nel sud del Paese. Ciò ha consentito di non avere contraccolpi dal punto di vista delle esportazioni, ma non risolvendo finora il problema dell’ingente liquidità che affluisce nelle mani del gruppo terrorista.

UNA DELLE RAFFINERIE COLPITE [FOTO]

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NUMERI E RICAVI

Secondo fonti israeliane citate dal quotidiano Haaretz e riportate in Italia dal Sole 24 Ore, “il nuovo network del terrore controlla aree con 60 pozzi di petrolio attivi. Il greggio sarebbe poi venduto sul mercato nero a prezzi davvero concorrenziali – con sconti del 40-70% – attraverso i porosi confini con Turchia e Giordania“, incassando da 1 a 3 milioni di dollari al giorno. Solo dall’Irak, “produrrebbe dai 25 ai 40mila barili al giorno“, che insieme ad altre fonti di finanziamento, come la tratta di esseri umani, i riscatti dei sequestri e razzie varie, avrebbero generato una ricchezza che molti analisti stimano intorno ai 2 miliardi di dollari, non facilmente aggredibili perché fuori dal sistema finanziario internazionale.

DOVE FINISCE IL PETROLIO

“I jihadisti – ha spiegato nei giorni scorsi agli organi di stampa Oday al-Khadran, sindaco di Khalis – riempiono circa cento autobotti al giorno di greggio, che viene consegnato a commercianti senza scrupoli a Mosul o in Siria. Qui viene venduto a mediatori stranieri a circa 4.000 dollari per ogni autobotte, circa l’80% in meno rispetto ai prezzi di mercato in Europa”. Poi i contrabbandieri lo dirottano in varie destinazioni, che rimangono però poco chiare.

A COSA SERVE

Questi introiti sono stati finora il vero tratto distintivo dell’IS, che ha potuto contare su una disponibilità di denaro mai raggiunta da nessun altro gruppo terroristico. Ciò gli ha consentito di rifornirsi di armi e pagare i miliziani, ma anche di comprare il sostegno delle tribù sunnite locali e di alimentare la propaganda mediatica, rivolta ai foreign fighters ma non solo, di un Califfato islamico dove i beni di prima necessità sono gratis per chi decide di dedicare la sua vita alla nuova “guerra santa”.

F-15 AMERICANI COLPISCONO UNA RAFFINERIA DELL’ISIS IN SIRIA [VIDEO]

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