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Cari D’Alema, Bersani e Fassina, alleatevi con Vendola e uscite dal Pd. Parla Velardi

“Il Jobs Act? Un grande successo di Renzi”, certifica il comunicatore e lobbista Claudio Velardi che bacchetta la stampa italiana “sempre alle prese con le polemiche da bassa cucina” e invita la minoranza del Partito democratico ad essere coerente: “Vendola, Civati e Landini si facciano un partito. Sarebbe meglio per tutti”.

Dopo gli attacchi al reintegro, il governo ha avuto la fiducia su un Jobs Act che non contiene un esplicito cenno all’art.18: una piccola grande retromarcia di Renzi?
Non lo è affatto, perché è stato chiaro il ministro Poletti quando in Senato ha detto che nelle misure è compreso l’art.18. Dal punto di vista comunicativo è stato un grande successo nei confronti dell’Ue riunita al vertice di Milano, con Merkel, Juncker e tutti i vertici presenti. Il messaggio complessivo è passato e riguarda anche l’articolo 18. E anche andando al di là di questo, bisogna capire che il vero obiettivo mediatico di Renzi è stato centrato: non era tanto rivolto all’interno e ai giornali italiani, che sono ormai un panorama di devastazione in cerca di polemiche da bassa cucina, quanto all’Europa, da Mario Draghi all’Ocse che oggi si è espressa favorevolmente sulla riforma. Il messaggio che in Italia si sta facendo una radicale riforma del lavoro è stato ampiamente recepito a Bruxelles.

Ma nel merito qualcuno osserva (come Francesco Seghezzi del centro studi Adapt) che per i contenti servirà attendere i decreti attuativi.
E’ normale perché siamo in Italia, non dimentichiamolo. Dobbiamo riformare tutto, la burocrazia, le procedure e anche il Parlamento. Il bicameralismo perfetto è assurdo e dobbiamo mettere al loro posto i burocrati: ovvero farli lavorare. Ma fino ad allora ci sarà sempre uno iato, tempistico e nel merito, fra i provvedimenti e la loro attuazione. E’ questo uno degli aspetti più drammatici della vecchia Italia che Renzi sta combattendo. E’ la ragione per cui dà una grande enfasi ai messaggi comunicativi, per via delle resistenze concrete interne.

Le voci di epurazione per Casson, Ricchiuti e Mineo sono reali?
Se una persona non vota il voto di fiducia al proprio governo si mette automaticamente fuori, non è epurazione ma libera scelta di andare altrove. Nessuno li ha cacciati. Dovrebbero essere loro tre a dire di essere fuori. Se poi intendono fare i furbi, allora è un altro paio di maniche. Troppo comodo non votare la fiducia né i provvedimenti del proprio governo, e dopo restare inchiodati al seggio parlamentare. C’è una vecchia battuta di Ricucci in questo senso.

“No al partito all’americana” tuona il dissidente Pippo Civati: la minoranza piddì verso la scissione?
Civati, in quanto nominato e non eletto, in un partito all’americana non avrebbe neppure cittadinanza. Fossi nei panni della minoranza mi farei un partito e direi ai vari Mineo, Casson, Civati, D’Alema, Bersani, Fassina: alleatevi con Vendola e Landini. Mi terrei francamente il solo Cuperlo, che reputo una persona civile ed intelligente. Potrebbero imitare Oscar Lafontaine, che in Germania all’indomani delle riforme di Schroeder fondò la Linke. Poi è chiaro che la sinistra radicale ha avuto negli anni sempre meno peso. Ma dico loro: abbiate il coraggio delle vostre azioni.

twitter@FDepalo

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