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Emilia Romagna, ecco l’alleanza popolare che sfida Pd e Lega

Il laboratorio politico per il nuovo partito popolare europeo in Italia parte dalla rossa Emilia-Romagna? Le elezioni regionali sono dietro l’angolo, fissate per il 23 novembre dopo le dimissioni del governatore Vasco Errani. Complice l’ostracismo di Lega Nord e Forza Italia, a quest’appuntamento Nuovo Centrodestra e Udc si presentano insieme nella lista “Emilia-Romagna Popolare”, con candidato presidente Alessandro Rondoni.

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI

La frammentazione del centrodestra non era però l’obiettivo dei centristi. “Avevo lanciato un appello, invitando tutti ad andare oltre le differenze per unirci nella battaglia comune contro il Pd, ma Fi l’ha respinto sotto il ricatto della Lega”, ha spiegato Sergio Pizzolante, deputato riccionese e coordinatore regionale di Ncd. “Gli organi centrali dei partiti non hanno tenuto conto delle istanze dei territori, che ci chiedevano l’unità nel contrastare una sinistra in difficoltà” gli fa eco Andrea Pasini, segretario emiliano-romagnolo dell’Udc. Tuttavia, non c’è tempo per i rimpianti. La coalizione di centrodestra sostiene inoltre un candidato leghista (il sindaco di Bondeno, Alan Fabbri) che sarebbe stato mal digerito dal popolo dei moderati. “Ho sbagliato a fare quell’appello all’unità della coalizione – ammette il deputato alfaniano -, non avrei previsto che ci fosse stato questo strapotere di Francesca Pascale in Fi. Dopo le sue sentenze su alleanze e valori, non mi sarei certo azzardato a fare appelli”. Date le condizioni, meglio una corsa solitaria, nella speranza di superare la soglia del 3% e piazzare così un proprio eletto in Regione (probabilmente il candidato consigliere che raccoglierà più preferenze nel collegio bolognese, si parla della consigliera comunale, Valentina Castaldini). L’alternativa, infatti, sarebbe stata allearsi con “una Forza Italia schizofrenica ed estremista, dove prevale la linea della Pascale e di Luxuria, oltre che ricattata da una Lega razzista e lepenista”.

IL PD EMILIANO-ROMAGNOLO NON E’ IL PD DI RENZI

I centristi sono convinti che ci sia un 10-15% di elettorato da conquistare in regione. Dentro ci sono gli astensionisti, ma soprattutto – sottolinea Pizzolante – “quel popolo di moderati che alle ultime europee ha votato per Renzi, ma lo stesso giorno, alle amministrative, non ha votato i candidati del Pd”. Gli scostamenti percentuali arrivano in doppia cifra, fino al caso limite di Bellaria-Igea Marina (Comune del Riminese con sindaco Ncd), dove il Pd è passato dal 36 al 19%. “I popolari e liberali hanno creduto nella scommessa di Renzi ma non nel Pd locale perché lo conoscono bene – incalza Pizzolante -. Non basta una riverniciata di renzismo per cambiare, qui i renziani veri sono ancora in minoranza nel loro partito, che non è certo quello con cui governiamo a Roma”.

IL CANDIDATO A “MANI NUDE”

Cinquantaquattro anni, giornalista, cattolico vicino a Cl, Rondoni si candida alla presidenza della Regione dopo aver racimolato quasi diecimila preferenze alle ultime elezioni europee, e forte anche del successo di cinque anni fa, quando nella sua Forlì portò per la prima volta nella storia al ballottaggio il candidato del Pd, all’epoca Roberto Balzani. Tra slogan come “sregioniamo” e “meno all’ente e più alla gente”, si presenta come un uomo “non della casta” perché “non ho stipendi e privilegi dalla politica, mi candido a mani nude”. Sui tagli chiesti dal Governo alle Regioni, Rondoni è netto: “Fa bene il premier a chiedere alle Regioni di dimagrire, noi siamo disposti anche a metterle in discussione”.

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