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Vi spiego perché la Turchia non s’impegna troppo contro Isis

Per la lotta all’Isis in Siria, forse il presidente americano Barack Obama faceva affidamento sull’intervento della Turchia, che dispone del secondo esercito Nato. L’ambiguità di Erdogan deve avergli tolto ogni illusione al riguardo.

LE CONDIZIONI DI ANKARA

La Turchia parteciperà attivamente alla coalizione a guida americana solo alle proprie condizioni, che per inciso sono oggi incompatibili con la politica americana. Ankara pretende che se essa non combatta solo l’Isis, ma tutti i terrorismi, incluso il Partito Curdo dei Lavoratori (PKK), che stanno difendendo la città di Kobane contro i guerrieri di Allah del Califfato. Vuole inoltre che la coalizione attacchi anche le forze di Assad e lo cacci dal potere in Siria.

GUADAGNARE TEMPO

Obama, almeno per ora, non può accettarlo. Erdogan certamente lo sa. Le condizioni poste alla partecipazione turca alla battaglia contro l’ISIS sono verosimilmente una mossa per guadagnare tempo e non fare nulla. Il PKK è considerato ad Ankara più pericoloso dell’Isis.

LE RIVENDICAZIONI TURCHE

Per spiegare l’attendismo turco, taluni osservatori hanno avanzato l’ipotesi che Ankara “traccheggi” per aspettare che il suo apporto divenga tanto indispensabile, che tutte le sue richieste vengano accettate. In particolare, Erdogan non avrebbe rinunciato alle tradizionali rivendicazioni turche sul Vilayet di Mosul, tra l’altro ricco di petrolio. Esso fu sottratto brutalmente ad Ankara nel 1927, con forti proteste dello stesso Kemal Ataturk, e incorporato nel Regno hascemita dell’Irak, allora sotto mandato britannico.

IL NO DI BAGHDAD

Se Obama non ci ha forse pensato, tale sospetto è venuto al governo irakeno. Prendendo lo spunto dal fatto che Ankara vuole costituire al di fuori del suo territorio “aree di sicurezza” per i profughi, Baghdad si è subito affrettata di comunicare che non accetterà lo schieramento di truppe turche nell’Irak settentrionale. Altro che guerra dei trent’anni, come suggerisce Leon Panetta. Se tale ipotesi è vera, si tratta di una di cinquanta o sessanta, finché la Cina e l’India, che più degli USA dipendono dall’energia del Golfo, non si decideranno a intervenire.

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