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Vega, un’eccellenza italiana che tutti ci invidiano

Da pochi giorni è conclusa la conferenza Ministeriale dell’Ente Spaziale Europeo, ESA, nella quale ogni Paese ha indicato le proprie priorità strategiche nello sviluppo del settore spaziale per i prossimi anni arrivando a una sintesi condivisa nel contesto globale degli impegni europei. Uno dei temi qualificanti è stato il sostegno e lo sviluppo del vettore di media taglia VEGA che va ad integrare la famiglia degli ARIANE riempiendo una fetta di mercato scoperta e che rilancia la competitività commerciale dell’Europa di fronte a realtà sempre più aggressive di altri paesi nel settore.

Questa scelta è il riconoscimento del ruolo leader svolto dal nostro paese nei lanciatori a combustibile solido, settore nel quale da sempre abbiamo ottenuto una supremazia indiscussa che parte da lontano. Basti qui ricordare che l’Italia, grazie a Luigi Broglio e alla Scuola di Roma da lui fondata, fu la terza nazione al mondo con capacità autonome di lancio di satelliti dopo USA e URSS. Infatti il Prof. Broglio e il Prof. Carlo Bongiorno, con un qualificatissimo gruppo di tecnici, effettuarono un primo lancio di un vettore Scout nel 1964 da Wallops Island in Virginia con a bordo il primo satellite meteorologico della serie San Marco. Fu soltanto l’anno successivo che i francesi entrarono nel club dei lanciatori con il loro razzo Diamant.

Da allora la storia, sempre coronata da successi, proseguì sino al 1987 utilizzando la base di Malindi; questa fu realizzata grazie alla lungimiranza di Enrico
Mattei che regalò a Broglio due piattaforme marine petrolifere non più operative e che furono ancorate a circa 3.5 km dalla costa del Kenya creando la base italiana di lancio di vettori.

In parallelo gli italiani perfezionavano le loro competenze nel combustibile solido del quale sono diventati presto i guru internazionali accompagnati da una malcelata invidia dei tecnici degli altri paesi nostri competitori.

Fu per questi motivi e per sostenere il nostro ruolo nello spazio che, oltre 10 anni fa, si decise di realizzare un vettore, il VEGA, che vedeva la presenza italiana largamente maggioritaria con un contributo complessivo di oltre il 60%.

L’iniziativa non ha avuto vita facile perché (allora ero membro del Consiglio di Amministrazione dell’ASI) si pose un problema estremamente delicato. L’idea di alcuni tecnici stranieri che collaboravano all’impresa era che, una volta realizzato, il vettore dovesse essere dato in gestione ad altri, non italiani, perché al momento non avevamo il programma sorgente di controllo del vettore. Accettare questa visione avrebbe significato accettare di fatto un ruolo ancillare a fronte del lavoro svolto e delle competenze che l’Italia aveva, e da tempo, nel settore. Si decise quindi, con uno scatto di orgoglio, di fare tutto in casa; partendo da zero i tecnici italiani furono in grado di produrre un programma sorgente di controllo del VEGA. Il primo volo di test fu la migliore risposta a quanti si aspettavano un insuccesso per lanciarsi a spolpare l’osso; il volo fu perfetto, tutti i parametri di progetto rispettati perfettamente: l’Italia aveva vinto!

Il successo del secondo volo confermò che nel primo test non si era trattato di un caso ma, anzi, era l’affermazione delle capacità nazionali a produrre un vettore di media taglia efficace ed affidabile: il famoso motore P80 funzionava perfettamente fornendo la giusta spinta al primo stadio del razzo.

Sono questi i motivi per i quali VEGA è entrato a piena titolo nella famiglia dei vettori europei competitivi. Il futuro non riserva che sorprese positive: il motore P80 sarà potenziato portandolo a P120 in modo da assicurare un corretto funzionamento della versione avanzata VEGA C che può mettere in orbita sino a 1,8 tonnellate e più avanti nella versione ancora più potente, VEGA EH, che porterà in quota carichi sino a 3 tonnellate.

In parallelo, lo sviluppo della nuova versione del vettore di punta europeo ARIANE 62/64 vedrà ancora il motore P120 costituire l’elemento fondamentale dei boosters: i razzi ausiliari che si accendono al decollo e che permettono ad un vettore di alzarsi da terra e superare le parte più densa dell’atmosfera; senza di loro questo non sarebbe possibile.

Le condizioni per un successo ci sono tutte così come quelle positive di assicurare per anni il lavoro ai nostri tecnici qualificati che hanno sviluppato il progetto. La situazione comunque non è né resta semplice: infatti da un lato il governo continua a ribadire che il tema spaziale è uno di quelli al centro della propria attenzione, dall’altro, anche a causa delle condizioni economiche generali, le azioni messe in campo spesso non sono altrettanto conseguenti.

Uno dei pochi fiori all’occhiello di una situazione industriale generale abbastanza rarefatta meriterebbero finanziamenti consistenti nell’interesse del sostegno e del rafforzamento globale del settore.

Si legge di vaghe possibilità di incrementi minuscoli del PIL nel 2015 e negli anni successivi; se così sarà diventa importante che lo spazio in tutte le sue componenti possa usufruire del sostegno necessario in modo da mantenere una competitività guadagnata sul campo e che non vorremmo andasse perduta come capitato in molti altri casi nel corso degli ultimi quaranta anni. Prima che a noi stessi lo dobbiamo alle generazioni future.

Ezio Bussoletti

Photo Credits: ESA–S. Corvaja, 2013

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