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Perché la fine di South Stream è salutare per Cina e Turchia

South stream, il gasdotto che dal 2018 avrebbe dovuto portare in Europa il gas russo aggirando l’Ucraina, non si farà più. A minacciarlo è stato il presidente Vladimir Putin, che dalla Turchia ha detto che Mosca preferisce “ridirigere le sue risorse energetiche verso altre regioni del mondo“.

Ecco i riflessi economici ed energetici della notizia, analizzati in una conversazione di Formiche.net con Matteo Verda, ricercatore dell’Università di Pavia e dell’Ispi (e autore del libro “Una politica a tutto gas”).

Perché Putin ha annunciato di voler far saltare South Stream?

Innanzitutto per ragioni economiche. Il calo del prezzo del petrolio dà a uno degli azionisti di maggioranza del consorzio, Gazprom, meno flussi di cassa. La coperta si accorcia e così Mosca preferisce indirizzare le risorse su investimenti più vantaggiosi sul lungo periodo. Ad esempio quelli che sviluppano il canale orientale, quello con la Cina. In primo luogo perché sul lungo periodo l’economia cinese sarà in crescita, mentre quella europea molto meno. E poi perché la mancata realizzazione del gasdotto non impedirà al gas russo di rifornire il mercato europeo. In seconda istanza, come aggravante, c’è il peso delle sanzioni europee per la crisi ucraina, nonché tutti gli ostacoli che la Commissione di Bruxelles pone quotidianamente a Gazprom.

Su quali altri fronti si concentrerà la Russia? Mosca ha parlato di un nuovo gasdotto che dovrebbe servire solo il sud Europa.

Dal punto di vista puramente economico, la realizzazione di questo gasdotto mi sembra difficile, per gli stessi motivi per cui South stream non si farà più. A meno che non ci sia una forte volontà politica. Ad ogni modo, se realizzato (un’analisi dettagliata si può leggere sul blog Sicurezza energetica) priverebbe la strategia europea del Corridoio meridionale del gas della sua funzione anti-russa. La realizzazione di TAP-TANAP e quella del nuovo gasdotto russo saturerebbero ampiamente la nuova domanda di gas per i prossimi decenni, quantomeno su quella direttrice Ritengo molto più verosimile che si proceda ad un raddoppio di Blue Stream. La Turchia è molto contenta di intensificare le proprie relazioni energetiche con la Russia, perché ciò rafforza il ruolo di hub energetico del sud Europa che si sta a poco a poco costruendo.

Quali sono, invece, gli effetti per l’Italia?

​Per il nostro Paese il danno più grosso sono senza dubbio i mancati introiti per Saipem, che realizza una parte una parte della posa dei tubi del gasdotto. Probabilmente saranno previsti dei rimborsi, che non conosciamo perché i dettagli contrattuali non sono noti. Tuttavia il colpo non è da poco. A questo va sommata la scelta politica, in verità più europea che italiana, di continuare a dipendere da uno Stato semi-fallito come l’Ucraina, per il passaggio di una parte rilevante delle nostre risorse. Per l’Italia c’è un problema di sicurezza energetica, per fortuna relativo, perché legato alla volontà o meno di continuare a sostenere a fondo perduto Kiev.

Riguardo a South Stream, nelle scorse settimane lo stesso Descalzi aveva tracciato una linea oltre la quale non andare. Crede che questa notizia sia un passo ulteriore verso la Eni del nuovo ad, concentrata sull’estrazione e su un abbandono dei servizi, come detto a Formiche.net dal professor Sapelli?

Se l’obiettivo è vendere Saipem, la mancata realizzazione di South stream è senza dubbio un bel problema per Descalzi, e lo testimonia il tonfo in Borsa della compagnia ieri. È molto piu facile mettere sul mercato una compagnia con un contratto grosso in pancia. Sul fatto che poi Eni voglia concentrarsi su un altro modello di business, per farlo l’ad avrà bisogno di consenso politico.

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