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Al-Qaeda e Isis insieme nell’attacco di Parigi: perché è importante capirne di più

 

Ad eccezione di pochi (in quei pochi si inserisce l’immenso Daniele Raineri del Foglio e pure il bravissimo Guido Olimpio del CorSera), la gran parte dei racconti sui fatti di Parigi ─ l’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, la fuga dei terroristi, la presa del negozio kosher e della tipografia, l’epilogo con il blitz del GIGN ─ non ha stigmatizzato un elemento importante (in realtà se ne era già fatto cenno in coda a un pezzo su Formiche, ma vale la pena tornarci meglio).

Forse si tratta di disattenzione, forse di poca competenza (comprensibile anche, visto che non tutti seguono costantemente certe dinamiche). Ma il fatto che i due fratelli Kouachi abbiano dichiarato di essere legati ad al-Qaeda in Yemen (che attualmente si chiama AQAP, cioè al-Qaeda nella Penisola Araba) e che l’uomo del supermarket parigino ha proclamato nel video pubblicato dopo la sua azione di “aver giurato fedeltà al capo dei musulmani il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi”, non è cosa da poco.

Anzi, è una notizia sulla quale c’è da capire e sulla quale il lavoro di ricostruzione dei fatti sta girando. Perché al-Qaeda e lo Stato Islamico (il gruppo guidato da Baghdadi che ha dato luogo al Califfato siro-iracheno guidato), sono acerrimi e giurati nemici ─ pendono accuse di apostasia, dunque di morte.

Tra le due entità si sta combattendo una battaglia ideologica che in Siria è sfociata in una vera e propria guerra armata. Dal 2013, anno in cui al-Qaeda, per volontà della guida centrale Ayman al-Zawahiri, ha “scaricato” l’allora Isis, la Jabhat al-Nusra (che è l’affiliazione qaedista siriana) e gli uomini dell’IS stanno combattendo a colpi di imboscate, rapimenti, esecuzioni sul territorio siriano. Forse per chi non ha familiarità con certe situazioni sembrerà assurdo, ma sia JN che IS, lottano contro il regime di Damasco e vogliono la testa di Assad e di tutti gli sciiti siriani (qui si taglia un po’ con l’accetta, ma la potenza settaria delle azioni di entrambi i gruppi sunniti non è debole, e mentre JN si è dimostrata spesso più “dolce”, gli uomini del Califfato hanno in mente di compiere una sorta di sterminio razzista contro chi interpreta l’Islam nel modo opposto al loro ─ a meno che non si converta, certo).

Dunque, che i terroristi parigini si siano dichiarati di opposte fazioni, è un dato di risalto, dicevamo. Sia perché potrebbe indicare ─ è improbabile, sia chiaro ─ un possibile coordinamento tra i due gruppi, una possibile pace, che potrebbe comprendere anche soltanto quel che riguarda le azioni in Occidente. E questo significherebbe che i sicari erano mossi veramente dall’alto: cellule occidentali, attivate dalle guide mediorientali. Sia perché, dal lato opposto, potrebbe indicare che i tre (o quattro, o quanti erano) erano del tutto improvvisati, tanto da mettere le “pere con le mele” del jihad ─ la divisione tra al-Qaeda e l’IS, è il dato più importante e interessante del jihadismo moderno, da diversi anni a questa parte. E in questo caso, invece, prenderebbe consistenza la tesi dei lupi solitari: tesi che, alla luce del nuovo video fatto uscire ieri da Reuters, sembra non troppo sghemba. Per almeno un paio di ragioni. Nelle immagini si vede come uno dei due abbia problemi con il fucile (non proprio da professionista, diciamo), ed è il fratello a doverlo aiutare, dopo aver poggiato l’arma sul tetto della vettura (altro gesto non troppo professionale, direi). Da notare che questa circostanza è stata confusa da molti, come una pausa per ricaricare. Inoltre, il più abile con le armi, sembra urlare qualcosa alzando il dito al cielo: il gesto è noto, visto e rivisto durante le azioni iperdocumentate dell’IS, e si chiama Tawheed. È uno dei pilastri dell’Islam e indica il concetto di Dio onnipotente: solo che il terrorista di Parigi lo fa con la sinistra, mentre invece la liturgia impone che venga fatto con la destra. Disattenzione, necessità (sulla destra teneva l’arma), oppure indice di improvvisazione? Non è chiaro, e magari sono solo un dettagli relativi.

In mezzo, al solito, la verità. Perché i tre potrebbero aver agito insieme per semplice convenienza. Sono certi i contatti dei fratelli Kouachi con il mondo qaedista yemenita ─ gli americani dicono che avrebbero incontrato pure al-Awlaki, ideologo yemenita di passaporto statunitense, seccato da un drone un paio d’anni fa. Ma i contatti in Yemen dei due fratelli sono una traccia che rischia di perdersi nel tempo. È altrettanto certo che Coulibaly sia stato influenzato dalla propaganda del Califfato. Ma anche in questo caso, sembra che l’uomo non fosse perfettamente integrato all’interno del gruppo a cui ha fatto riferimento. Vero, pure, però, che la compagna, Hayat Boumedienne, è volata in Turchia il 2 gennaio per raggiungere la Siria, e a quanto pare secondo fonti citate dai francesi, il video di Coulibaly sarebbe stato messo online da un computer di Raqqa, che è la capitale siriano dello Stato Islamico.

Un’opzione tra le più probabili, è che gli attentatori di Parigi abbiano collaborato ─ «Loro dovevano pensare a Charlie Hebdo, io li ho aiutati con qualche migliaio di euro», come ha spiegato Coulibaly ─ per scelta pragmatica senza tener conto delle divisioni mediorientali, visto che si conoscevano da molti anni (sembra dal 2007, quando facevano tutti parte della stessa rete estremista islamica francese, il “Gruppo del diciannovesimo arrondissement”)

Resta che questa strana collaborazione non è una questione vuota e di forma, ma un aspetto centrale che il corso delle indagini dovrà chiarire.

@danemblog

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