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Ghetto ebraico a Roma, dove la paura si sconfigge con la sicurezza

Il Ghetto ebraico di Roma non dimentica. Non dimentica i deportati durante il neofascismo; i loro nomi sono incisi nei sampietrini dorati disegnati dall’artista Gunter Demnig e incastrati davanti ai portoni da dove sono usciti per non tornare più. Non dimentica Stefano Taché Gay, un bambino di due anni ucciso dai terroristi nel 1982 mentre usciva dalla sinagoga. A lui è dedicata una targa circondata da un’aiuola. Non dimentica Ron Arad, un pilota israeliano scomparso in Libano nel 1986, così come non dimentica Naftali Frenkel, Gilad Shaar ed Eyal Yifrach, i tre ragazzi israeliani sequestrati e uccisi la scorsa estate dall’organizzazione terroristica Hamas. Due striscioni con i loro volti sono appesi fuori dalla sinagoga di Roma.

ZONA PEDONALE

Ed è proprio per questo impegno a non dimenticare che gli attacchi alla redazione del settimanale francese Charlie Hebdo e al negozio kosher di Porte de Vincennes per mano di terroristi islamici hanno sconvolto la comunità ebraica a Roma. Nelle vicinanze della scuola la sicurezza è stata aumentata così come la presenza delle pattuglie dinamiche dei carabinieri. È stata anche anticipata dalla prefettura la decisione di pedonalizzare il ghetto. Un’idea del sindaco Ignazio Marino era nell’aria dallo scorso ottobre.

UOMINI IN BORGHESE

Soprattutto durante le lezioni e all’una, l’ora di uscita dalle scuole, il ghetto pullula di uomini della sicurezza in borghese. Ogni angolo è sorvegliato, qualsiasi presenza estranea è immediatamente intercettata. E non c’è biglietto di visita o tesserino che tenga.

“La tensione che viviamo c’è sempre stata, ma ora è un momento più delicato, troppo delicato per parlarne così”, spiega una mamma che sta in piedi ad aspettare il figlio che esce da scuola. “La polizia fa già tanto, che altro devono fare? Più di così non ci possono proteggere”, dice un’altra signora. “Forse è meglio parlare con qualcuno della comunità ebraica, che ci rappresenta tutti”, invita cortesemente una mamma, seduta su una panchina, in piazza.

MINACCIA SU ROMA, NON IL GHETTO

I papà sono volontari nella sorveglianza. Sanno che più occhi sono attenti e più diminuisce il rischio. Un uomo si avvicina per parlarmi, aveva sentito le mie domande e voleva darmi la sua opinione, forse era uno dei genitori volontari nella sorveglianza, ma subito dopo è stato bloccato da un altro: “Quando sei di turno non puoi rilasciare interviste”.

Pochi minuti dopo arriva il portavoce della Comunità ebraica di Roma, Fabio Perugia: “La prefettura ha deciso domenica di rafforzare la sicurezza e di pedonalizzare la zona. I genitori sono contenti perché c’è meno confusione e possono trovare parcheggio senza girare troppo quando devono venire a cercare i figli”. Gli chiedo sulla paura di un possibile attentato e mi risponde serio: “Come tutti i cittadini europei ci sentiamo attenzionati dagli estremisti dell’Isis. Ma Roma è sotto minaccia per essere la culla del cristianesimo”.

SINAGOGA APERTA

Secondo Perugia, la comunità ebraica è soddisfatta dell’operazione di sicurezza: “Mentre a Parigi le sinagoghe sono chiuse a Roma possono restare aperte e per questo dobbiamo ringraziare soltanto alle forze dell’ordine”. Un gruppo di ragazzi, kippah in testa, esce da una visita guidata alla sinagoga. Uno di loro si ferma per fotografare lo striscione con le fotografie dei tre ragazzi israeliani uccisi a giugno; erano suoi coetanei.

LA SERENITÀ DEI BAMBINI

Per Milena Pavoncello, direttrice della Scuola primaria “Vittorio Polacco”, questi giorni sono di grande tensione per i tragici fatti accaduti in Francia ma il livello di sicurezza è alto. “Dall’attentato del 1982 i genitori sono partecipi volontari della sorveglianza della scuola. Nonostante quello che si potrebbe aspettare, non ci sono assenze né cambiamenti negli orari e le attività ordinarie. La zona pedonale fra stare tutti molto più tranquilli. Dobbiamo curare la serenità dei bambini”.

In alcune classi i bambini hanno chiesto cosa sia successo (e perché) a Parigi. Hanno ricevuto spiegazioni con delicatezza. Persino domenica c’è stata grande affluenza in un’attività extra-scolastica, i negozi sono rimasti aperti. La comunità ebraica non si è staccata dalle strade perché non dimentica le oppressioni vissute e i morti. Ma, come ha detto Perugia, nonostante la preoccupazione gli ebrei di Roma non hanno paura di chi li odia.

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