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Libia, ecco tutte le preoccupazioni dell’Italia

Le notizie che in queste ore provengono dalla Libia sono preoccupanti.
La situazione è sempre più tesa, in particolare dopo la notizia che jihadisti legati all’Isis – o Daesh in arabo – starebbero avanzando nel suolo della nazione nordafricana che fa sponda sul Mediterraneo. Un gruppo di combattenti portanti l’insegna dello Stato islamico, che già mesi fa aveva invaso Derna in Cirenaica, da alcune settimane si starebbe muovendo verso ovest in direzione Tripoli. E nella notte tra giovedì e venerdì alcuni miliziani hanno invaso la città occupando un immobile e destinandolo a propria sede militare.

KALASHNIKOV E SOCIAL NETWORK

Sono molteplici le rivendicazioni che i combattenti legati alla causa del Califfato islamico starebbero postando sui vari social network, segno che ormai buona parte della loro strategia militare si gioca sul web. Le ultime conquiste sono state un’emittente televisiva e una stazione radio locale nei pressi di Sirte, a quasi 500 km a est di Tripoli, testimoniata proprio da alcune foto diffuse che ritraggono combattenti armati affiancati ai microfoni della sede.

Dopo l’agguato, l’organo televisivo ufficiale del governo libico ha dato il via alla trasmissione unica dei discorsi della guida Abu Bakr Al Baghdadi, dove i ripetuti inviti alla cittadinanza sarebbero quelli di sottomettersi. Si attendono a questo punto le reazioni degli altri gruppi terroristici già presenti nel Paese, tra cui Ansar al-Sharia. Quello che si teme è un’escalation nelle prossime ore e un annuncio della conquista della città con la diffusione di regolamenti da imporre agli abitanti libici.

UN’AVANZATA PERENTORIA

Già da alcuni giorni era stata annunciata dall’Isis l’intenzione di raggiungere Tripoli, in particolare dopo la rivendicazione dell’attentato all’Hotel Corinthia del 27 gennaio scorso. Sempre nella notte di venerdì a El Bahi, nel Sud Ovest del Paese, sono stati attaccati due giacimenti petroliferi, nel bel mezzo di scontri a fuoco ingaggiati con le guardie di sorveglianza e durati fino alla mattina seguente. Una raffineria è stata incendiata a El Dahra, vicino a Sirte, mentre il 4 febbraio scorso veniva attaccato un altro pozzo a 170 km più a sud, a Mabrouk, provocando la morte di 10 persone.

LA STRAGE DI COPTI

Ancora attraverso alcuni profili social ripresi dai media egiziani e attribuibili a combattenti dell’Isis, sono state proclamate anche le uccisioni di 21 copti egiziani, già ostaggi rapiti poco dopo Capodanno, con il movente della vendetta nei confronti delle donne musulmane perseguitate. L’annuncio però non è stato confermato dal governo egiziano per via della mancanza di prove. Immagini dei rapimenti sono state divulgate dalla rivista dell’Isis, Dabiq, che non ne menziona tuttavia le uccisioni. L’ufficio presidenziale egiziano ha subito diffuso un comunicato sulla formazione di una commissione speciale per andare a fondo nell’episodio, ma nel frattempo i familiari degli ostaggi sono scesi in piazza per chiedere l’intensificazione dei lavori da parte delle autorità.

L’ALLARME ITALIANO

Il post più allarmante è stato però quello di un altro militante dell’autoproclamato Califfo, che ha pubblicato sul suo profilo web una cartina geografico dove indica che “la distanza tra Roma e Sirte è di 1.250 chilometri, come quella che separa Jeddah e Dammam”. Questo porterebbe l’utente – ‘Qalam hur’ è il suo nome – a sostenere che un missile “Scud può arrivare fino in Italia”.
Parole che hanno chiaramente destato timore tra le autorità italiane. Già al termine dell’ultimo vertice Ue a Bruxelles, il premier Matteo Renzi aveva dichiarato che “La Libia è un grande problema dell’Europa da risolvere con decisione e determinazione” e che l’Italia, al seguito del tentativo effettuato dall’inviato speciale dell’Onu Bernardino Leon di mediare tra i due parlamenti che però hanno rifiutato ogni trattativa, è pronta a fare la sua parte. Le stesse parole sono state ribadite anche dal ministro Paolo Gentiloni ai microfoni di SkyTg24, ai quali ha confermato che l’Italia è pronta a reagire nel quadro della legalità internazionale, ma che i proclami terroristici da parte di gruppi così vicini all’Italia non sono da sottovalutare. La Farnesina nel frattempo ha invitato tutti gli italiani a lasciare la Libia.

I MORTI IN MARE

In mare si continua a morire: sono 700 le persone recuperate ieri a poche miglia dalla Libia, molto al di là dei limiti imposti da Triton. I primi avvistamenti si sono verificati venerdì mattina, quando alla Guardia Costiera sono giunte delle segnalazioni satellitari, provenienti da gommoni a poche miglia da Tripoli. In seguito ne sono partiti altri 6, e oltre ai salvati si parla di numerosi altri barconi pronti ad essere inviati per mano dei trafficanti. Esperti assicurano che altri 37 mila individui siano pronti a partire, prefigurando non solo il pericolo umanitario, ma anche quello di possibili infiltrazioni di terroristi.

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