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Perché promuovo il decalogo di Matteo Salvini. Parla Antonio Rinaldi

La “nuova” Lega di Matteo Salvini può aggregare vasti consensi in un mondo trasversale ostile alla globalizzazione liberista. E assumere la guida culturale di un centro-destra realmente credibile e alternativo al Pd, “il partito unico” capeggiato da Matteo Renzi.

È la convinzione espressa in una conversazione con Formiche.net da Antonio Rinaldi, professore di Finanza Aziendale presso l’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara ed economista in trincea contro la costruzione monetaria europea. Il quale trova persuasivo l’orizzonte politico dei 10 punti prefigurati dal leader del Carroccio sul Foglio.

Il fulcro del programma tracciato da Matteo Salvini è l’abbandono concordato dell’Euro-zona. Un vostro cavallo di battaglia…

È vero. Le mie valutazioni sono in “conflitto di interesse”, essendo promotore e firmatario del “Manifesto di solidarietà europea” con Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Non è necessario essere economisti per capire che è fondamentale il ritorno alla sovranità monetaria. L’unica strada per mettere in campo politiche calibrate sulle esigenze del tessuto produttivo nazionale. E per liberarci da vincoli europei soffocanti.

Il numero uno delle “camicie verdi” pensa anche a due monete distinte per il Nord e il Mezzogiorno d’Italia al fine di far crescere la competitività delle regioni meridionali.

Nutro perplessità su questo punto. Le regioni settentrionali del nostro paese hanno potuto essere protagoniste dello sviluppo economico nel dopoguerra grazie al contributo delle aree meridionali. Fonte di una manodopera a costo ridotto e mercato ampio per lo sbocco dei beni prodotti al Nord. L’Italia potrebbe tornare a funzionare in una cornice di equilibrio territoriale. Ma serve un nuovo ceto politico dirigente.

Altro punto cardine del programma leghista è l’avversione al Trattato di libero scambio transatlantico e l’adozione di misure protezionistiche per tutelare il nostro tessuto produttivo.

L’idea di tutelare la struttura delle piccole e medie imprese italiane dagli effetti della globalizzazione è corretta. L’applicazione del Trattato di libero scambio transatlantico produrrebbe delocalizzazione, depauperamento industriale, perdita di lavoro. Per evitare di far scomparire la realtà economica nazionale bisogna metterla sotto la protezione della flessibilità del cambio.

Nel terreno fiscale l’idea-forza di Salvini è la Flat Tax con aliquota unica al 15 per cento per tutti i contribuenti e deduzioni fisse su base familiare.

È l’unico passaggio del programma che mi trova contrario. Le mie riserve critiche riguardano l’incongruenza del prelievo rispetto ai principi di progressività del regime tributario formulati nella Costituzione italiana. Mancherebbero, in poche parole, requisiti di equità.

Come valuta la proposta leghista di nazionalizzare industrie strategiche in crisi?

La condivido. L’Italia ha abdicato alle proprie filiere di produzione, e è divenuta dipendente dall’estero in tale campo. Nazionalizzare quelle imprese richiede però la creazione di una grande banca pubblica, che manca esclusivamente nel nostro paese.

Evocando lo spettro di “interventi predatori di gruppi finanziari stranieri”, Salvini respinge la trasformazione delle banche popolari in società per azioni.

Ha ragione. Ricordo che la Germania si avvale di 417 casse creditizie territoriali, fondamentali per il tessuto delle imprese tedesche. Realtà che non fanno parte dell’Unione bancaria e sono libere dal controllo della Bce. Negli ultimi anni tali istituti hanno beneficiato di una ricapitalizzazione di 67 miliardi di euro. Tutte risorse pubbliche. Non capisco perché l’Italia non possa fare altrettanto, fornendo a famiglie e aziende le garanzie che l’assetto bancario commerciale non accetta.

Il programma formulato da Matteo Salvini sul Foglio è di destra o di sinistra?

Nell’immaginario collettivo dei cittadini le nozioni di destra e sinistra hanno perso il loro peso. Il merito del leader del Carroccio è voler costruire una forza politica che si faccia interprete delle esigenze dei ceti produttivi. Salvini ha capito che il problema degli elettori storici della Lega non era più l’indipendenza della Padania ma la sopravvivenza economica. Problematiche vissute e avvertite anche nel Centro-Sud. Le altre formazioni politiche che vogliono accreditarsi di centro-destra come Forza Italia e Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale non hanno saputo proporre ricette altrettanto efficaci. E neanche il Movimento Cinque Stelle.

Le proposte del segretario leghista hanno ricevuto critiche aspre da economisti e analisti.

L’errore compiuto dai fautori di giudizi negativi sul suo progetto è ritenere Salvini la prosecuzione dell’esperienza del Carroccio, così come conosciuto fino a oggi. E accostarlo ai governi di centro-destra degli ultimi anni. Egli è il leader di una “Lega 2.0”, il leader di un partito del tutto nuovo. Vuole la prova?

Prego.

Il profondo cambiamento del suo staff dirigenziale. A partire dal responsabile economico Claudio Borghi. Un libero cittadino privo di tessere prima delle elezioni europee. E soprattutto uno studioso competente, capace di potere portare avanti in modo scientifico e non oratorio gli argomenti critici verso l’Unione monetaria.

La Lega lo ha candidato alla guida della Toscana.

È una prova di forza e di coraggio. Andare a sfidare il Pd nella propria roccaforte storica con una figura del suo spessore potrebbe convogliare verso il Carroccio i consensi di chi non ha mai votato. Per questa ragione sono convinto che la Lega riscuoterà un successo clamoroso nelle prossime consultazioni amministrative. Gli italiani hanno capito che è necessario voltare pagina rispetto a ciò che impone l’Europa. E mi auguro che Borghi governatore della “rossa Toscana” realizzi una pulizia draconiana del Monte dei Paschi di Siena.

Ma attorno al progetto leghista è possibile costruire l’alleanza di un centro-destra competitivo?

Spero che una piattaforma del genere possa avere la forza coagulante per un grande raggruppamento in grado di contrapporsi al Pd: l’attuale “partito unico” che sta portando l’Italia al disastro. Le forze di centro-destra devono mettere da parte conflitti e rivalità, e concentrarsi su un programma di scopo. È certo che in caso di accordo il Carroccio questa volta farà la parte del leone. Sa cosa mi conforta?

Cosa?

La violenza con cui Matteo Salvini viene apostrofato dalla “Casta”. Mi ha convinto che egli è sulla strada giusta.

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