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Dirigenti, che succede alla Regione Lazio?

Riceviamo e pubblichiamo

Il TAR del Lazio ha recentemente, con sentenza n.3670 del 3 marzo 2015, sancito – accogliendo il ricorso proposto da alcuni dipendenti e da organizzazioni sindacali – l’illegittimità della procedura selettiva con la quale la Regione Lazio ha deciso di rivolgersi a professionalità esterne per la copertura di incarichi dirigenziali vacanti.

Per comprendere i termini della questione occorre considerare che, nell’ottica di contenimento della spesa pubblica, è stato emanato il Decreto Legge n. 95 del 6.7.2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica, successivamente convertito in legge, che prevede, all’articolo 2, la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni. La riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale, deve essere, secondo la norma, nell’ordine del 20% dei posti esistenti. L’attuazione della legge comporta la riduzione degli uffici e l’apertura delle procedure di messa in mobilità per il personale in esubero a seguito della ristrutturazione.

La Regione, scegliendo di bandire gli incarichi di funzioni dirigenziali indistintamente per gli esterni e per il personale inserito nei ruoli dell’Amministrazione in violazione della norma che disciplina le modalità di attribuzione degli incarichi dirigenziali nella Pubblica amministrazione (art. 19, 6° comma, D.Lgs 165/2001) e che prevede il rispetto della rigida percentuale (8% dei posti vacanti) per l’attribuzione di tali incarichi a personle esterno, ha introdotto un criterio che si pone in contraddizione sia con le esigenze di contenimento della spesa pubblica, sia con i principio fondamentale del nostro ordinamento di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Le procedure di selezione del personale pubblico trovano in fatti la loro ragion d’essere nella regola secondo cui si accede al settore pubblico solo per concorso, il che garantisce l’imparzialità e la selezione dei migliori, nonché nel rispetto di principi di efficienza ed economicità della Pubblica Amministrazione. In tale prospettiva il Tar Lazio ha ritenuto illegittima l’impropria procedura selettiva posta in essere dalla Regione Lazio per diversi ordini di ragioni.

In primo luogo è stata violata la norma specifica sopra richiamata che sovrintende all’attribuzione degli incarichi dirigenziali, anche in considerazione dei costi aggiuntivi per l’Erario.

In secondo luogo tale procedura selettiva aperta, indistintamente e senza il rispetto dei limiti normativamente prescritti, agli esterni si pone in contrasto con la regola di poter ricorrere a dirigenti esterni solo quando si sia provveduto ad effettuare un’ adeguata programmazione triennale ed annuale del fabbisogno di risorse umane. Il ricorso a professionalità esterne deve essere infatti giustificato dall’esigenza di reperire professionalità non rinvenibili nei ruoli interni dell’Amministrazione (art 19, 6° comma D.Lgs 165/2001), nel rispetto dei principi di efficienza ed economicità della Pubblica Amministrazione.

Ora purtroppo accade che la stessa procedura selettiva, aperta indistintamente anche a personale esterno, venga seguita anche dal Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo che, con il medesimo interpello ha invitato a presentare le proprie candidature per posti dirigenziali sia il personale dirigenziale interno che quello esterno, senza il rispetto delle prescritte percentuali e senza la ricognizione delle professionalità interne al Ministero, selezionate dopo concorsi pubblici difficilissimi, con curricula scientifici che ci invidiano in tutto il mondo.

Effetto di tale procedura impropria, già censurata dal Tar con la citata sentenza, è quello di attribuire più posti a professionalità esterne, con elusione del principio dell’accesso alla Pubblica Amministrazione mediante concorso e con il rischio che personale interno, reclutato con il concorso pubblico, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, venga poi messo in mobilità in esecuzione delle norme sul contenimento della spesa pubblica.

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