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Sfida Renzi-Grillo col Renzellum?

Matteo Renzi preme per portare in porto al più presto le nuove regole elettorali. Meccanismo che appare ritagliato su misura per le aspirazioni di governo del leader del Partito democratico, palesemente favorito in uno scenario di forze politiche fragili, lacerate, frammentate.

Un approdo scontato?

L’esito probabile dell’applicazione della riforma è stato illustrato dal politologo Angelo Panebianco sul Corriere della Sera: “Anziché favorire processi di aggregazione, l’Italicum produce un panorama frastagliato delle minoranze a fronte di un governo avvantaggiato da un robusto premio di maggioranza al singolo partito”.

Verrebbe a crearsi un’assoluta egemonia del Pd, nettamente privilegiato rispetto a una galassia di formazioni minoritarie e marginali rispetto all’esecutivo. Una forma di multipartitismo sbilanciato sul gruppo vincente, lontano dall’orizzonte bipolare o tendenzialmente bipartitico che rende aperte e incerte le competizioni nelle democrazie liberali.

L’insidia delle preferenze

Tuttavia il Renzellum potrebbe riservare trappole insidiose per le ambizioni coltivate dal premier. Per sua ammissione, infatti, il Nazareno non farà ricorso alle candidature multiple. È ipotizzabile, dunque, che tranne i 100 capilista scelti direttamente dall’ex sindaco di Firenze, e a lui legati, tutti gli altri aspiranti parlamentari giocheranno la propria elezione tramite le preferenze.

Una pratica che frequentemente ha visto eccellere le personalità del Partito democratico più legate ai metodi tradizionali e collaudati di raccolta del consenso. Come rivela la tornata regionale in Emilia Romagna, si tratta degli esponenti vicini a Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema.

Così un Renzi trionfatore del voto politico potrebbe ritrovarsi una compagine parlamentare tutt’altro che governabile e plasmata secondo il suo progetto riformatore. Ma anzi fortemente condizionata dal ruolo di una minoranza sempre più ostile.

L’insidia di una competizione a tre

Un’incognita forse più rischiosa per il Presidente del Consiglio è stata messa in luce da un recente editoriale scritto dal sociologo Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore.

Le regole elettorali disegnate a Palazzo Madama, ha spiegato lo studioso di tendenze dell’opinione pubblica, funzionerebbero bene in presenza di una dialettica bipolare caratterizzata da due grandi formazioni alternative. “Ma in Italia, come in molti paesi europei, oltre alla sinistra e alla destra vi è un terzo schieramento anti-europeo o anti-sistema con lo steso peso in termini di consensi”, ha scritto Ricolfi.

Lo scenario tratteggiato dallo studioso tiene conto del fatto che la futura competizione elettorale verrà giocata da singoli partiti anziché da coalizioni di forze. “Al primo turno il Pd difficilmente potrà ripetere il clamoroso risultato conseguito nella tornata europea del 2014. Lungi dal conquistare immediatamente vittoria e premio di governabilità, il Nazareno potrebbe affermarsi con il 35 per cento dei voti”.

E se vincessero i Cinque Stelle con i voti del centro-destra?

A quel punto è fondamentale valutare chi accederà al ballottaggio. Per l’editorialista il candidato più probabile è il Movimento Cinque Stelle: “La formazione guidata da Beppe Grillo riuscirà a sopravanzare Forza Italia e Lega Nord nella corsa al secondo posto”. Ed è qui che può arrivare la vera sorpresa: “Come insegnano le esperienze elettorali di Parma e Livorno, il M5S rischia di prevalere grazie all’appoggio di gran parte dell’elettorato di centro-destra smarrito, deluso, perplesso rispetto al governo”.

Nel panorama di “democrazia asimmetrica” fondata sulla centralità egemone del Nazareno, i penta-stellati possono ambire al ruolo di antagonista mediatico del Partito democratico. Soprattutto nell’eventualità di un ballottaggio che farebbe convogliare sul movimento animato dal comico ligure i voti dell’area populista del mondo conservatore, ostile ai vincoli europei e all’immigrazione incontrollata, e del mondo progressista allergico alle riforme liberali del premier.

Nell’eventualità di una sconfitta, il M5S – che non ha nulla da temere dal meccanismo di attribuzione dei seggi e dal gioco delle preferenze e può vedersi riconosciuta una rappresentanza fedele ai consensi ricevuti – riceverebbe la palma di “miglior perdente” e di seconda forza partitica nazionale. Non certo un fallimento di fronte alla “corazzata Pd”.

Nessun partito unitario di centro-destra

L’ipotesi di una competizione aperta fra Renzi e Grillo, prospettata in una conversazione con Formiche.net anche dallo scienziato politico Gianfranco Pasquino, richiederebbe un approfondimento degli orientamenti dei cittadini che votano per le forze moderate e conservatrici. Ed è legata a molte variabili economico-sociali, difficilmente prevedibili da qui al 2017-2018.

Tuttavia è fondata su un elemento inoppugnabile: la balcanizzazione del centro-destra. Lo sbocco dei rivolgimenti e strategie in atto nel mondo conservatore sarà decisivo per individuare lo sfidante del Pd nel possibile ballottaggio del 2018.

A cui le formazioni che hanno governato per anni con la formula della Casa delle Libertà non arriveranno unite. Nel terreno puramente aritmetico sarebbe questa la garanzia per sconfiggere la concorrenza dei Cinque Stelle e lanciare la sfida al Nazareno. Ma oggi è un miraggio la ricomposizione di una forza unitaria comprendente Fi, Ncd, FdI, Lega Nord e in grado di competere per il bonus di governabilità.

Forza Italia obbligata a scegliere

Le combinazioni possibili e le prospettive di approdare al ballottaggio sono legate in gran parte alle scelte che verranno compiute da Forza Italia, fino a poche settimane fa apertamente favorevole alla riforma elettorale.

Considerando che attualmente il partito di Silvio Berlusconi veleggia nelle rilevazioni demoscopiche attorno al 13 per cento, è necessario per gli “azzurri” formare con altre realtà del centro-destra una lista unitaria sufficientemente credibile e competitiva.

La ricomposizione dello strappo con Angelino Alfano

Le opzioni in campo sono due. Un raggruppamento moderato con Area Popolare, Scelta Civica e Italia Unica potrebbe avvicinarsi al 18-20 per cento. La soglia di adesioni cui è attestato oggi il M5S e che potrebbe essere facilmente raggiunta da un Carroccio in ascesa unito a Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale e destre populiste.

Attorno a quella cifra potrebbe accendersi uno scontro all’ultimo voto fra i tre contendenti per l’accesso al ballottaggio con il Pd. Ma in caso di conquista del secondo posto, una Fi rinnovata e perno del centro-destra ritroverebbe un ruolo di protagonista nel panorama pubblico.

Pro e contro di una corsa con la Lega

Uno scenario differente presenterebbe l’aggregazione di Forza Italia con la Lega Nord. Realtà che potrebbe arrivare autonomamente al ballottaggio, come ipotizzato dallo storico Giovanni Orsina in un’intervista su Formiche.net.

A quel punto per gli “azzurri” si pone un dilemma. Perché il “listone forza-leghista” non avrebbe difficoltà a superare i penta-stellati e tentare la sfida con Renzi. Ma le redini politico-culturali dell’alleanza resterebbero saldamente nelle mani di Matteo Salvini. In tal modo diventerebbe assai arduo attrarre i voti moderati e “fare il pieno” del bacino elettorale di centro-destra.

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