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1992, la serie di Sky e Tangentopoli secondo Buccini, Latella, Manfellotto e Milella

Non solo il giornalismo ma anche un nuovo modello di serie tv in cui la finzione si mescola alla realtà. Al Festival Internazionale di Perugia è stato il giorno di 1992, la serie trasmessa da Sky Atlantic che sta facendo appassionare e discutere il pubblico italiano. Il racconto romanzato – ma con prepotenti incursioni nella storia – di un anno cruciale nella vicenda del Paese, ancora carico di riferimenti e di nessi con l’Italia di oggi. Nel capoluogo umbro ne hanno parlato – con uno degli sceneggiatori della serie, Alessandro FabbriMaria Latella di Sky TG24, Goffredo Buccini del Corriere della Sera, Liana Milella di Repubblica e Bruno Manfellotto, editorialista e già direttore del settimanale l’Espresso.

L’ITALIA DEL 1992 E L’ITALIA DEL 2015

Il paragone tra l’Italia di ieri e l’Italia di oggi è stato il filo conduttore del dibattito. La fotografia comune scattata dai relatori è quella di un Paese che, dall’esperienza di Tangentopoli, non ha fatto alcun passo in avanti o quasi. “La sensazione che hai vedendo la serie, è di una grande occasione persa, che abbiamo buttato al vento per varie ragioni” ha commentato Manfellotto. “Prima la corruzione era legata al funzionamento della macchina partito, poi è cambiato qualcosa ed ha cominciato a diventare un fatto del singolo politico”.

Un’interpretazione condivisa pure da Milella, secondo cui “la considerazione amara da fare è che oggi non è cambiato niente. Fa impressione vedere quegli imprenditori e ripensare alle inchieste di questi giorni” ha aggiunto la cronista giudiziaria di Repubblica.

Sul ruolo giocato dall’opinione pubblica, si è concentrato Buccini, per il quale non è vero fino in fondo che nel 1992 stesse per concretizzarsi una sorta di palingenesi della politica, sull’onda dell’emozione e dell’indignazione degli italiani. “L’Italia che plaudiva ai magistrati del pool di Milano, era la stessa che qualche anno prima si metteva in fila di fronte alla sede del Psi per chiedere favori”.

Oggi c’è più rassegnazione di ieri”, ha chiosato Latella, che ha poi sottolineato come proprio nel 1992 cominciò la stagione dell’antipolitica. “Si aprì la caccia al politico che da allora non è mai terminata”.

LE RESPONSABILITA’ DELLA STAMPA

Inevitabile che – con un parterre di giornalisti – la discussione andasse a toccare anche il tema della stampa e del lavoro svolto da giornali e televisioni nell’anno di Tangentopoli.  Qui le interpretazioni variano, pur nel riconoscimento delle responsabilità della categoria.

Più indulgente l’interpretazione di Milella: “Un rimprovero che possiamo farci è di essere andati troppo dietro alla cronaca e non aver cercato di andare oltre. I giornalisti avrebbero dovuto diventare investigatori in proprio, essere capaci di sollecitare pentimenti e rivelazioni, andando a scovare qualcosa. Ma forse era un mestiere troppo difficile”.

Più improntato all’autocritica, invece, l’intervento di Buccini per il quale i giornalisti hanno “aderito troppo alle tesi dell’accusa. Per un periodo ho visto le cose da una parte sola e questo non va bene”, ha ammesso il giornalista del Corriere.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Manfellotto che, nel citare un vecchio adagio, ha spiegato come “in fondo, la stampa altro non sia che lo specchio del Paese in cui vive. Troppo spesso nei momenti più importanti – magari anche in buona fede – abbiamo un po’ esagerato nel cavalcare l’onda”.

LA VERSIONE DELLO SCENEGGIATORE

Del mix tra finzione e realtà che si condensa nella serie, ha parlato, invece, Fabbri. “Il 1992 è stato l’inizio di una rivoluzione, l’inizio della fine della prima repubblica. Il triennio che segna il passaggio da un’epoca all’altra. Abbiamo cercato di documentarci sulla cronaca, anche giudiziaria, sul costume, sulle mode, sul sentimento comune di quegli anni. Prima di tutto, la serie vuole essere una storia, il romanzo di quell’anno”.

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