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Bravo il Corriere della Sera che pensiona le pensioni alla Boeri

Che sbadati! Nessuno ricorda che il 18 aprile del 1948 la Dc vinse le elezioni politiche, sconfiggendo la sinistra frontista e stalinista, e avviò, insieme ai suoi alleati, un’era di libertà, di ricostruzione e di progresso sociale ed economico, in un contesto di rapporti internazionali sicuri.

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Come si dice in questi casi, a Tito Boeri, negli ultimi giorni, gli devono essere fischiate più volte le orecchie (anche se in verità non è mai stato nominato di persona). Dapprima il ministro Giuliano Poletti, rispondendo ad un’interrogazione, ha preso visibilmente le distanze dalle proposte del presidente dell’Inps, sia per quanto riguarda il taglio o il ricalcolo delle pensioni più elevate, sia relativamente all’introduzione di un pensionamento più flessibile di quello previsto dalla riforma Monti-Fornero. Di rincalzo, è arrivato un editoriale molto fermo e condivisibile di Daniele Manca sul Corriere della sera, dove il giornalista e vicedirettore del quotidiano ha ricordato che non si può stracciare un patto che il cittadino-lavoratore ha stretto con lo Stato nel momento in cui è andato in pensione secondo quanto previsto dalle leggi  allora vigenti. Buon ultimo lo stesso quotidiano milanese ha commentato uno studio di un grande esperto come Alberto Brambilla in cui sono evidenziate – dati alla mano – le penalizzazione subite in questi anni dalle pensioni liquidate con il metodo retributivo, soprattutto quelle più elevate, per il fatto che i contributi versati hanno un rendimento decrescente a partire da 45mila euro, calcolati si base annua. Inoltre questi trattamenti, nel corso del tempo, hanno subito blocchi delle rivalutazione automatica e sono stati sottoposti (lo sono ancora) a una lunga sequela di contributi di solidarietà.

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Nel Dossier che, alla Camera, accompagna lo schema di decreto sulle tipologie contrattuali il Servizio Studi fa presente che per effetto delle modifiche previste dallo schema stesso verrebbe meno la deroga attualmente prevista per i pensionati di vecchiaia. La normativa vigente, infatti, all’articolo 61 del decreto legislativo n. 276/2003, esclude dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto, consentendo quindi di regolare i relativi rapporti di collaborazione su base individuale e senza alcun vincolo legislativo (oltre alle prestazioni sopra indicate: professioni intellettuali regolate da albi; federazioni e associazioni sportive; componenti di organi di società, anche) “coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia”. In sostanza, un altro tiro mancino  per gli anziani che vorrebbero ancora lavorare. Nell’Italia di Matteo Renzi il loro posto è ai giardini pubblici.

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