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Grandi opere, tutte le differenze tra Delrio e Lupi

Poche infrastrutture ma buone, e soprattutto altamente prioritarie per il futuro del Paese. Con l’allegato Infrastrutture al Def (il Documento Economico e Finanziario) – varato da Palazzo Chigi lo scorso 10 aprile – finisce l’epoca della Legge Obiettivo e del super elenco di opere pubbliche da realizzare. Delle oltre 400 previste nel Def dello scorso anno – in continuità con la Legge Obiettivo – ne sono rimaste, infatti, solo 25.

IL SUPERAMENTO DELLA LEGGE OBIETTIVO

Approvata nel 2001 durante il secondo Governo Berlusconi, la Legge Obiettivo ormai da tempo era finita nel mirino dell’Esecutivo e degli addetti ai lavori. L’ultimo rapporto sullo stato di attuazione del provvedimento – pubblicato lo scorso marzo – ha rivelato che solo l’8% delle opere previste è giunto a realizzazione e che i costi sono lievitati in 10 anni, dal 2004 al 2014, di circa il 40%. Una fotografia impietosa, che ha affondato la legge e il modello su cui negli ultimi quattordici anni si è basato il sistema dei lavori pubblici in Italia.

DELRIO E LA LEGGE OBIETTIVO

Il colpo di grazia – che chiude l’epoca delle grandi opere così come le abbiamo intese nell’ultimo decennio – è però arrivato con il Def. Che il metodo sia cambiato definitivamente, l’ha detto in modo inequivocabile il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, in un’intervista a Repubblica. “Focalizzarsi sulle grandi opere ci ha portato in 14 anni di legge Obiettivo a stanziare 285 miliardi per vederne impiegati soltanto 23, appena l’8 per cento. La montagna ha partorito il topolino e ha anche generato meccanismi opachi come quello del General contractor”. Una dichiarazione di fallimento in piena regola.

LA RICETTA DI DELRIO

Nella stessa intervista a Repubblica il ministro ha anche spiegato la sua ricetta per il rilancio del settore. Secondo Delrio, il punto di partenza fondamentale è il no alle procedure d’emergenza e ai commissariamenti, considerati l’anticamera di possibili fenomeni di corruzione. “Renzi, quando ha deciso che questa cosa dovessi prenderla in mano io, mi ha detto che la nostra priorità deve essere la crescita. Un obiettivo che passa anche dalla capacità di mandare avanti i cantieri. Ma il tema vero è uscire dalla logica delle emergenze, delle procedure straordinarie, e rientrare nella normalità. Ecco, la nostra sarà una rivoluzione delle normalità: procedure europee, regole semplici sugli appalti, programmazione, coinvolgimento dei territori”.

LE INFRASTRUTTURE STRATEGICHE DA LUPI A DELRIO

Che il meccanismo previsto dalla legge obiettivo – con l’indicazione di un numero elevatissimo di opere considerate strategiche – stesse per andare in soffitta, non è comunque una novità da ascrivere unicamente a Delrio, divenuto ministro delle Infrastrutture neppure tre settimane fa, il 2 aprile scorso. Anche il suo predecessore, Maurizio Lupi – costretto alle dimissioni dalla vicenda Incalza – si era espresso a favore di un deciso cambio di passo nel modello di realizzazione delle opere pubbliche. Pur difendendo nel complesso la Legge Obiettivo, Lupi in un’intervista al Sole 24 Ore del 13 marzo aveva dichiarato: “Sulle grandi opere c’è bisogno di una svolta, che consiste nella selezione di un numero limitato di priorità. Già con il prossimo Documento di Economia e Finanza indicheremo una sessantina di interventi su cui convogliare le risorse aggiuntive che stanzieremo da qui in avanti”.

LE OPERE PRIORITARIE

Delle circa 60 opere indicate da Lupi, in un primo momento il Governo è stato sul punto di confermarne 51. Poi – un paio di giorni prima che il Consiglio dei Ministri iniziasse a discutere del Def – è arrivata la decisione di dimezzarne il numero. Nel testo definitivo dell’allegato Infrastrutture vi sono – come già sottolineato – 25 opere definite prioritarie, “per un costo totale di 70,9 miliardi di euro e coperture finanziarie pari a 48 miliardi di euro (67,7 per cento), selezionate sulla base di una valutazione di coerenza con l’integrazione con le reti europee e territoriali, dello stato di avanzamento e della possibilità di prevalente finanziamento con capitale privato”.

LE FERROVIE

Tra le opere cui il Governo ha dato priorità assoluta, compaiono in primo luogo le ferrovie che ottengono 28 miliardi di cui già 15 disponibili. Da questo punto di vista, l’elenco comprende in primis la TAV Torino-Lione e, poi, il traforo del Brennero, l’alta velocità Milano-Venezia e quella Napoli-Bari, il Terzo Valico dei Giovi e l’alta capacità Messina-Catania-Palermo.

STRADE E AUTOSTRADE

Per quanto riguarda strade e autostrade, sono 10 i progetti ritenuti prioritari per i quali il Governo ha previsto uno stanziamento complessivo di 25 miliardi. Al sud ci sono la statale Jonica, la Salerno-Reggio Calabria, l’Agrigento-Caltanissetta e il potenziamento della Olbia-Sassari. Nel nord Italia Palazzo Chigi ha indicato la terza corsia della Venezia – Trieste, la Pedemontana Lombarda, la Pedemontana Veneta e la Tangenziale esterna di Milano mentre al centro la Grosseto-Siena e il quadrilatero Marche-Umbria.

LE METROPOLITANE

Impulso anche ai trasporti nelle città (nell’allegato infrastrutture al Def è scritto testualmente: “Significativo il peso delle metropolitane, indispensabili per colmare il deficit accumulato nel trasporto pubblico locale su ferro nei principali centri urbani del Paese”). A tal proposito ci sono già 10 miliardi a disposizione su 12 necessari. Tra gli interventi, da segnalare le metropolitane di Roma, Milano e Napoli e la tramvia di Firenze.

IL MOSE

Finanziamenti anche per il Mose di Venezia la cui realizzazione definitiva è dunque ritenuta prioritaria dal Governo. Nell’allegato Infrastrutture si legge che la data di fine lavori è prevista per il 30 giugno 2017. I fondi già disponibili ammontano a 5,2 miliardi rispetto a un costo complessivo di 5,4.

LE OPERE TAGLIATE

La scelta del Governo di puntare soltanto su 25 opere prioritarie ha scatenato il dibattito sulle quelle che non compaiono nell’elenco, alcune delle quali assai attese dalle popolazioni e dalle amministrazioni locali. Tra le altre, non sono state inserite nell’allegato Infrastrutture del Def l’autostrada Roma-Latina, la Catania-Ragusa, la Tirrenica e la Fano-Grosseto. Progetti che – assicurano dal ministero delle Infrastrutture anche per rispondere alle sollecitazioni dei territori – non saranno accantonati, pur non essendo più considerati prioritari. D’altronde, l’ha detto lo stesso Del Rio, domenica scorsa in una conversazione con il Corriere della Sera. “C’è stato un grande equivoco. Le opere elencate nel Def non sono quelle che prendono soldi ma, più semplicemente, quelle che collegano l’Italia oppure hanno una valenza sovra regionale”. Per le altre – ha aggiunto il ministro – “a partire dalla prossima settimana incontreremo una regione per volta e faremo il punto”. 

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