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Buona Scuola e cattivi scioperi

Ovviamente rispetto l’opinione di chi ieri mattina è sceso in piazza contro la riforma della scuola. Ma non la condivido. Dalle interviste trasmesse ai telegiornali emerge che gli aspetti contestati dagli scioperanti sono soprattutto quattro: poche risorse per il diritto allo studio, detrazioni per chi iscrive i figli alle scuole paritarie, troppo potere ai presidi e gratuità del tirocinio in azienda.

Due considerazioni.

La prima è che i veri problemi della scuola sono altri, e il ddl in parte li affronta: edifici che cadono a pezzi; decenni di utilizzo della scuola come ammortizzatore sociale, di cui precariato e stipendi da fame sono la diretta conseguenza; nessuna valorizzazione del merito e del lavoro invisibile, quello svolto a casa, che è una costante per alcuni docenti (chi deve preparare le lezioni e correggere i compiti) ed è assente per altri.

La seconda, più articolata, è una replica alle ragioni di chi protesta.
Diritto allo studio: la scuola pubblica è gratuita, di buona qualità e l’accesso è garantito a tutti. Mi si drizzano quindi i capelli in testa quando, ad ogni settembre, ascolto le interviste di genitori che si lamentano dell’aumento del costo dei libri scolatici tenendo in mano un iphone da 800 €.

Detrazioni per chi iscrive i figli alle scuole paritarie: lamentare uno scarso intervento in tema di diritto allo studio e criticare le detrazioni è assurdo, ancor prima che contraddittorio, e grondante di pregiudizio ideologico. Al di là del sacrosanto diritto alla libertà delle scelte educative, non dimentichiamo che il privato supplisce in molti casi alle carenze di un servizio pubblico che non è in grado di soddisfare tutte le richieste (soprattutto per nidi e materne) di tantissime mamme e papà che lavorano; e non dimentichiamo nemmeno che all’amministrazione un bambino in una scuola paritaria, anche se “incentivato”, costa molto meno di un bambino in una scuola pubblica.

Potere ai presidi: l’Italia sta morendo di “collegialite”. A forza di allargare la platea di chi deve decidere e di moltiplicare i passaggi procedimentali il risultato è che si intralcia il lavoro dei dirigenti capaci e si fornisce un alibi a quelli inetti. La strada da seguire è quella che passa per la valorizzazione del merito, che premia e conferma chi raggiunge buoni risultati e punisce incapaci e fannulloni.

Gratuità del tirocinio: con una disoccupazione giovanile alle stelle e dopo anni in cui viene ripetuto in tutte le salse che uno dei problemi dell’Italia è quello della mancanza di un solido raccordo fra scuola ed impresa, ora qualcuno critica il tentativo di introdurre un moderno sistema di alternanza fra studio e lavoro. Non sarà che, in fondo in fondo, questo qualcuno (il sindacato) ha paura delle possibili ricadute sul business dei corsi di formazione professionale, del quale da decenni è indiscusso protagonista?

Non so se quella di Giannini-Renzi sia la miglior riforma possibile della scuola, ma da qualche parte bisogna pur incominciare.

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