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Elle s’appelait Jackie!

Forse è capitato anche a noi, comuni mortali, di pensare quello che ha detto  in un’intervista Caroline Kennedy, la figlia maggiore di Jacqueline e John F. Kennedy, “Le persone non conoscono affatto mia madre”. Quando Caroline ha ritrovato, dopo la morte di sua madre, in una cassaforte i nastri delle sette interviste concesse nel 1964 allo storico Arthur M. Schlesinger per costituire una sorta di storia tramandata oralmente della presidenza Kennedy, ha pensato che la pubblicazione anticipata rispetto al previsto 2064, avrebbe permesso al pubblico di scoprire la vera personalità della first lady.

Forse Caroline pensava a quella volta in cui cercava sua mamma e arrivando nella sala  ovale li vide  ballare  un lento, dopo un litigio, sulle note di September song. Aveva sentito il padre canticchiare Settembre, Novembre, e questi pochi preziosi giorni li trascorrerò con te! Era stato il loro primo ballo dai Bartlett, quando lui era Senatore del Massachussetts e lei aveva detto alle sue amiche della Porter’s School che non le era sembrato così bello come sulle copertine dei giornali perché aveva una testa troppo grossa per il suo corpo minuto e non sapeva nemmeno vestirsi perché metteva i calzini da tennis con il completo. Jacqueline aveva poi capitolato di fronte a quell’uomo che sapeva far sognare dicendo Insieme esploreremo le stelle, conquisteremo i deserti, cancelleremo le malattie, colmeremo gli abissi dell’oceano e incoraggeremo l’arte e il commercio. Era un visionario consapevole di vivere una nuova frontiera, la frontiera degli anni Sessanta,una frontiera di pericoli e opportunità sconosciute, una frontiera di speranze disattese e di minacce. Non siamo tanto sicuri che quando pronunciava la parola “minacce” pensasse  più a Kruscev o  non piuttosto alla bomba sexy Marilyn Monroe che intonò  il 19 maggio del 1962, al Madison Square Garden, fasciata in uno splendido vestito color carne, Happy Birthday, Mr President.

Nel libro del giornalista Cristopher Andersen, These Few Precius Days. The final year whith Jackie, si racconta anche di una telefonata in cui Marilyn avrebbe detto a Jackie che Kennedy era innamorato di lei e che presto l’avrebbe lasciata. A quella minaccia Jackie rispose sarcastica “Ti trasferirai alla Casa Bianca e assumerai tutte le responsabilità della firsth lady, io me ne andrò e toccheranno a te tutti i problemi!”  Quello che voleva dire Caroline forse è che è troppo facile giudicare sua madre dalle immagini ufficiali  a Versailles, accanto Charles De Gaulle che la chiama La charmante Madame Kennedy, o dalle foto delle riviste patinate, sempre altera e sorridente mentre indossa  abiti che segnarono un’epoca, come quello della sua amica Lilly Pulitzer. Una mostra fotografica a Parigi  fino al 26 maggio intitolata Elle s’appelait Jackie alla galleria Joseph Thorigny, ci mostra delle foto rare della sua vita e la riproduzione dell’abito da sposa disegnato dall’afro americana Ann Lowe.

Sembra che non avesse mai dimenticato l’ammonimento del capostipite della dinastia Kennedy, Joseph, che una volta disse a quella fanciulla di buona famiglia dal cognome francese qualunque cosa voi facciate, non dimenticate mai i vostri figli, altrimenti la vostra vita sarà uno scacco!  Era il suo tesoro segreto, la scintilla che la faceva sorridere anche se aveva la morte nel cuore, e l’ispirazione dei discorsi del marito quando diceva “ Tutti ci auguriamo un futuro radioso per i nostri figli”.  Lei aveva troppo sofferto da piccola il divorzio dei suoi genitori, la lontananza dell’adorato padre John Bouvier, per banalizzare un tradimento, ed aveva affrontato quell’uomo che diceva di non aver mai smesso di amarla e che odiava il conformismo come carcere della libertà. 

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