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Cyber security e anti terrorismo, così Usa e Ue possono cooperare. Parla il generale Hayden

Il rafforzamento di un impegno congiunto tra Italia e Stati Uniti nell’affrontare la sfida cyber e un maggiore confronto con l’Ue sui temi della privacy e della lotta al terrorismo internazionale.

Sono alcuni degli aspetti analizzati in una conversazione con Formiche.net dal generale Michael Hayden, direttore dell’Nsa dal 1999 al 2006 e della Cia dal 2006 al 2009.

Generale Hayden, quali sono le sfide e i rischi che considera più significativi in termini di sicurezza globale?

Senza ombra di dubbio, il rischio più grande è rappresentato oggi dall’instabilità.
Instabilità causata dallo sgretolarsi di uno stato di cose che pensavamo potesse durare in modo permanente. Mi riferisco, ad esempio, alle frontiere in Iraq e Syria e prima ancora in Yugoslavia.
I nostri organismi di sicurezza sono stati pensati per fronteggiare nazioni ostili ma le minacce alla sicurezza internazionale non provengono più da governi sovrani; piuttosto, assistiamo quotidianamente al fallimento del concetto stesso di Stato o alla totale assenza, in molte regioni, di un ordinamento di tipo statuale.

Quanto è importante la cyber security nelle operazioni di intelligence e quale potrebbe essere il contributo più rilevante della cyber intelligence nel combattere le minacce presenti e future?

Ricollegandomi a quanto già detto, il dominio cyber rappresenta il più grande spazio privo di governo che la storia umana abbia mai conosciuto. Ovviamente abbiamo bisogno, prima di ogni altra cosa, di regole. E’ chiaro che stabilire norme in tale contesto rappresenta una sfida molto più ardua di quanto avviene normalmente nella “realtà fisica”. L’intelligence assume, allora, un valore fondamentale poiché permette di scrutare tra la nebbia di questo nuovo mondo ideato dall’uomo e consente di capire quali pericoli il cyber spazio possa celare e come informare nel modo più saggio il decisore politico.

Come giudica il livello di cooperazione tra Stati Uniti e Unione europea sul tema dell’information sharing e sulle attività d’intelligence?

C’è ancora molto lavoro da fare su questo punto. L’accezione europea di “privacy” è molto diversa da quella americana. Per alcuni aspetti le due interpretazioni sono quasi divergenti. Le rivelazioni di Edward Snowden hanno reso tutto più complicato. In termini di valori assoluti condividiamo certamente la stessa posizione. Intavolare una discussione pacata e serena su questi temi sarebbe un importante primo passo da compiere.

Come giudica l’attuale livello di cooperazione tra Italia e Stati Uniti nelle attività di controterrorismo e, più in particolare, nel settore della cyber security?

Devo dire che la mia esperienza sul campo è datata ma durante gli anni che ho trascorso ai vertici di Nsa e Cia la cooperazione con l’Italia nell’antiterrorismo era davvero solida.

Crede che sia possibile incrementare la cooperazione tra Italia e Stati Uniti nel settore della cyber security? Quali opportunità potremmo perseguire in modo congiunto?

La sfida più grande in ambito cyber è senza dubbio rappresentata dalla necessità di stabilire regole e policy condivise. A un certo punto, infatti, nasce la necessità di definire a livello internazionale le norme di comportamento da attuare nel cyber space. Secondo una mia preferenza personale, si dovrebbe cominciare a lavorare con quelle persone e quei governi che condividono i nostri valori. L’Italia, senza ombra di dubbio, farebbe parte di questo contesto.

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