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Una politica da Flit

La proposta, tutta in chiave fiscal-celodurista, della Lega di Salvini, quella di riaprire le case chiuse arriva in un momento molto particolare della vita politica di questo paese. Infuria la bagarre elettorale per le regionali, il PD vive una stagione di scissioni con Civati che fonda, all’indomani del successo di Podemos in Spagna, il suo improbabile “Possibile” italiano. L’ex-sindaco De Luca candidato alle regionali in Campania, giustamente inquisito per essere incappato – un Borbone come lui – nell’uso di uno dei tanti inglesismi stupidi immigrati clandestinamente nella lingua italiana, è nei guai per via dell’inconcludente canea sulla presentabilità. Renzi, poi, fa il premier, fa campagna elettorale, fa tutto. Fa passare da Expo tutte le scuole d’Italia peggio di come faceva quell’altro, quello lì, con lo stesso carro armato ai Fori Imperiali. Ed è ovunque. Spesso più in virtù della puntata del venerdì di Crozza di quanto lo stesso Crozza possa fare in virtù della settimana di Renzi.
E, in tutto questo fare, in tutto questo essere così fattivi e prodighi di proposte, soffiando su tutti gli istinti e le paure possibili degli italiani, la politica svela la sua più profonda identità: il flanellismo. Ora capisco cosa vorrebbe fare Salvini quando propone di riaprire le case chiuse. Far fuori di tutta la classe politica, che è la più grande casa chiusa, l’esercito di flanellisti. A costoro spetta uno, un unico destino: il flit. Il temuto vaporizzatore pieno di profumo da puttanone.

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