Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Come cambia il peso della manifattura in Italia, Germania, Francia e Spagna

industria, investimenti

Tutti questi andamenti hanno contribuito a modificare la composizione settoriale delle singole economie. Come già emerso in precedenza, guardando i primi quattro paesi dell’area euro, emergono evoluzioni che accomunano Italia, Francia e Spagna, mentre la Germania segue una storia differente. In Italia, il peso del manifatturiero sul totale dell’economia, nonostante il leggero aumento degli ultimi due anni, si è ridotto, passando dal 17,7% del 2007 al 15,5% del 2014. Si tratta, in realtà, di un processo in corso già da alcuni anni.

Nel 1995, dal manifatturiero giungeva oltre un quinto del valore aggiunto complessivamente prodotto dall’economia italiana. Anche in Francia e Spagna il peso del manifatturiero si è ridotto, scendendo rispettivamente dal 16,2% del 1995 all’11,4% del 2014 e dal 17,6% al 13,2%. In tutte e tre le economie i servizi hanno acquisito ancora più importanza, contribuendo per quasi il 75% del valore aggiunto complessivo sia in Italia sia in Spagna, mentre in Francia ci si avvicina all’80%.

Tutti e tre i paesi hanno, inoltre, sperimentato un brusco calo del peso delle costruzioni. In Italia, siamo passati dal 6% del 2007 al 4,9%; in Francia il calo si è fermato al 5,7%, mentre in Spagna la flessione risulta particolarmente ampia (da quasi il 12% del 2006 al 5,6%).

Diversa, invece, l’esperienza della Germania, che nel corso degli ultimi venti anni ha visto il contributo del manifatturiero rimanere stabile al di sopra del 20%. Il peso dei servizi si è ridotto leggermente, stabilizzandosi al di sotto del 70%, mentre quello delle costruzioni è salito, avvicinandosi al 5%.

Gli andamenti degli ultimi anni hanno modificato la composizione del sistema industriale europeo. La Germania si conferma un paese con un forte orientamento manifatturiero: l’economia nel suo complesso produce quasi il 30% del valore aggiunto totale dell’area euro, ma limitando l’analisi al solo manifatturiero il peso della Germania sale al 40%.

L’Italia ha, invece, perso sempre più importanza. Nel 2000, producevamo quasi il 18% del valore aggiunto del manifatturiero dell’area euro; nel 2014, siamo scesi al 15,4%. Rimaniamo il secondo paese per peso nel manifatturiero, con la Francia stabile intorno al 15%. Il peso della Spagna è, invece, nuovamente sceso al di sotto del 10%.

Negli ultimi venti anni, Francia, Spagna e Italia hanno, dunque, sperimentato una fase di costante ridimensionamento del sistema manifatturiero. Tutto questo si è, però, sviluppato in maniera differente. Confrontando all’interno di uno stesso paese l’andamento del valore aggiunto a prezzi costanti con quello della produzione si possono, infatti, ottenere utili informazioni. La produzione ci fornisce indicazioni sulle quantità prodotte, mentre il valore aggiunto ci descrive la capacità di un’economia di creare ricchezza aggiungendo valore agli input produttivi utilizzati.

In Italia, tra il 1995 e il 2014, nel settore manifatturiero la produzione si è ridotta del 19%, mentre il valore aggiunto a prezzi costanti è sceso del 6%. Un valore aggiunto che si riduce meno della produzione porterebbe ad immaginare un sistema industriale che si sposta verso una composizione qualitativa migliore, verso settori e imprese con una maggiore capacità di creare ricchezza.

Se confrontiamo quanto accaduto in Italia con l’esperienza francese e spagnola emerge, però, come in Italia questo fenomeno si sia sviluppato con un’intensità solo marginale. Nello stesso periodo, infatti, in Spagna la produzione manifatturiera si è ridotta del 10%, mentre il valore aggiunto è aumentato del 22%. In Francia, una flessione del 5% si confronta con un aumento del 32%.

In Francia e Spagna sistemi industriali più piccoli sono stati, dunque, in grado di contribuire in maniera significativa alla crescita dell’economia, mentre l’esperienza italiana racconta una storia differente. Tutto questo aiuta a capire perché, sebbene la ripresa in Italia sia partita, e in un certo qual modo anche più velocemente di quanto ci si attendesse, le previsioni di crescita per i prossimi anni rimangono più contenute di quelle elaborate per le altre economie europee. Tutti questi ragionamenti devono, inoltre, servire a dare il giusto peso e il corretto inquadramento alle dinamiche che stanno emergendo in questo periodo a livello settoriale.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter