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Perché il futuro sostenibile passa dalle smart city. Parla Cugusi (Enam)

Per gli esperti, le smart city non sono una moda passeggera, ma un tema sempre più fondamentale dell’agenda politica ed economica. Una governance migliore delle aree urbane significa qualità della vita, produttività, efficacia della burocrazia, sapienza delle amministrazioni, e tanto altro ancora.

Il tema è stato al centro di una conferenza promossa dal European Network of American Alumni Associations (Enam) in collaborazione con ministero dello Sviluppo economico, Ambasciata americana in Italia e associazione Amerigo presso il Centro Studi Americani.

Qual è il futuro delle nostre città? E a che punto è l’Italia da questo punto di vista?

Sono alcuni degli aspetti analizzati in una conversazione con Massimo Cugusi, segretario generale di Amerigo e coordinatore del Comitato organizzatore dell’European Network of American Alumni Associations.

Cugusi, come vedono il futuro gli alumni di Amerigo?

Il nostro presente, ancor prima del futuro prossimo ruota intorno ad alcuni concetti chiave, come quello della rete. Ebbene, a noi piace considerare la State Alumni Community come un network globale di individui che, legati fra loro da una indimenticabile esperienza personale e professionale negli Stati Uniti intendono mettere a disposizione del loro Paese esperienze, competenze ed idee per trovare soluzioni efficaci al problemi di tutti i giorni e rinsaldare i rapporti con l’America. Le smart city sono un’occasione preziosa per esercitare questa nostra forma di advocacy e di servizio alla comunità.

Quali sono i driver fondamentali per ripensare il paradigma dello sviluppo in un modo globalizzato?

Re-thinking the future è il mantra dei nostri tempi. Le rivoluzioni sociali messe in moto dalla globalizzazione e dall’affermarsi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non possono essere gestite con schemi e paradigmi di altri tempi. Come scrivevano i cartografi del Rinascimento, il futuro appare ai più terra incognita.
Il tema della sostenibilità e della crescita mi pare il centro del problema. Non possiamo più farci guidare dalla bulimia dei consumi e dissipare insensatamente risorse collettive – dal cibo all’acqua fino all’energia – mettendo a serio rischio la sostenibilità del nostro futuro.
Invito tutti alla lettura del bel saggio di Robert ed Edward Skidelsky How Much is Enough che, non a caso ha come sottotitolo Money and the Good Life.
Un’altra priorità che vedo nelle politiche dell’innovazione è quella di non allargare il digital divide che da tempo ci siamo impegnati a colmare. Mi piacerebbe, provocatoriamente, che dedicassimo tanta attenzione alla ricerca di modelli e soluzioni smart per il mondo rurale e le periferie del mondo quanta ne riserviamo alle grandi città. I problemi sono ovviamente differenti ma, se vogliamo lavorare sulla correzione delle diseguaglianze, questo è un bel banco di prova.

La delegazione Enam ha visitato l’Expo, che lei considera una vera e propria smart city.

I delegati di Enam non potevano non fare tappa ad EXPO Milano, perché Expo è una smart city, progettata e costruita da zero, con un tema che mette al centro la lotta contro la povertà e la progettazione di nuovi sistemi urbani, due aspetti fondamentali che sono al centro del dibattito su come poter ri-pensare il mondo.

Qual è secondo lei l’aspetto più importante ma allo stesso tempo trascurato delle smart city?

I processi di cambiamento che possiamo far rientrare nel più generale movimento delle smart city devono adeguatamente concentrarsi sull’intelligenza, ma non solo dei sistemi e delle connessioni ma sull’intelligenza dei suoi cittadini per favorire processi di innovazione sociale.
Le città sono, per definizione, motori di diversità e quindi concentrarsi esclusivamente sui servizi di razionalizzazione, sui trasporti o sulla costruzione di processi di governo invisibili può essere molto controproducente.
Le smart city saranno veramente tali quando i cittadini troveranno nuovi modi e percorsi per lavorare, risolvere problemi comuni, creare nuove reti, dare insomma un senso compiuto alla propria attività in generale e dare il contributo necessario alle attività delle altre persone. Certo ripensare il sistema nel suo complesso non sarà semplice, ma la creazione di valore diventa sempre di più un aspetto da condividere e non da tenere solo per se stessi. Noi di Enam ci crediamo davvero.

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