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Perché la Santa Sede è soddisfatta dell’accordo con l’Iran

La Santa Sede non ha atteso molto per far conoscere la propria soddisfazione circa il raggiungimento di un accordo sullo sviluppo del programma nucleare iraniano. All’ora di pranzo, il direttore della Sala stampa, padre Federico Lombardi, ha infatti reso nota una dichiarazione in cui s’afferma che il deal è “visto positivamente” dal Vaticano. Nella sostanza, “si tratta di un risultato importante delle trattative svolte finora, ma che richiede la continuazione degli sforzi e dell’impegno di tutti perché possa dare i suoi frutti”. Frutti che “si auspica non si limitino al solo campo del programma nucleare, ma che si allarghino anche in ulteriori direzioni”.

“UN PASSO VERSO UN MONDO PIU’ SICURO”

La notizia campeggia anche in prima pagina – con ampio risalto – sull’edizione odierna dell’Osservatore Romano. Nell’articolo d’apertura si legge che “l’accordo sul futuro del programma nucleare iraniano è stato finalmente raggiunto. Dopo nove anni di discussioni, 22 mesi di negoziati e le riunioni maratona di 17 giorni a Vienna, Teheran e il gruppo dei cinque più uno (i Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina; più la Germania) hanno raggiunto un’intesa, che non pochi osservatori hanno definito storica, un passo verso un mondo più sicuro”. L’organo ufficiale della Santa Sede dà risalto anche alle reazioni internazionali, citando per prima quella del presidente russo Vladimir Putin – cui viene data la precedenza perfino rispetto al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon – convinto che ora “il mondo possa tirare un sospiro di sollievo”.

L’INCONTRO CON LA VICEPRESIDENTE IRANIANA

Non c’è nulla di sorprendente nella positiva reazione della Santa Sede all’accordo raggiunto a Vienna. I rapporti tra la Roma d’oltretevere e Teheran sono saldi e di lunga data. Solo lo scorso febbraio, il Papa aveva ricevuto in udienza privata la vicepresidente della Repubblica islamica iraniana, Shahindokht Molaverdi, la quale s’era detta entusiasta del colloquio a tu per tu: “E’ stato un momento indimenticabile; la famiglia ha innanzi a sé sfide globali, comuni, che richiedono una collaborazione congiunta, soprattutto con un paese come la Repubblica islamica d’Iran”. Non a caso, quasi in contemporanea, il Pontificio consiglio per la famiglia faceva sapere che una delegazione iraniana sarebbe stata presente all’Incontro mondiale delle famiglie, fissato in calendario per il prossimo settembre a Philadelphia. Nell’occasione, il capo del dicastero, mons. Vincenzo Paglia, s’era detto “particolarmente lieto” della scelta di Teheran, dal momento che “la famiglia non è un patrimonio cattolico”, bensì “dell’umanità”.

L’ABBONDANZA DI CAPITALE POLITICO DEL PAPA

I rapporti tra la Chiesa di Roma e l’islam sciita sono buoni, come dimostrano le lettere scambiate anni fa tra Benedetto XVI e Mahmoud Ahmadinejad. In un commento di qualche tempo fa apparso sul portale americano Crux, il vaticanista John Allen osservava che “Papa Francesco ha un’abbondanza di capitale politico” che gli consente “di essere percepito come un’autorità morale”. Rilevante, poi, il fatto che l’autorità suprema iraniana sia un membro del clero, e un dialogo con Teheran è più facile se ci si rapporta su un piano spirituale.

PORRE FINE ALLA VIOLENZA IN SIRIA

L’osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, ha osservato che “il fatto che i membri del Consiglio di Sicurezza e l’Iran abbiamo firmato un accordo, che in qualche modo accomoda gli interessi delle due parti, mi pare un grande passo in avanti. Specialmente, perché indica anzitutto che il dialogo è vincente sulla violenza e, in secondo luogo, che c’è la speranza che adesso, in qualche modo, ci si possa portare avanti nello sforzo di trovare un modo per porre fine alla violenza in Siria”.

TEHERAN PARTE INTEGRANTE DEL NEGOZIATO

“L’idea – ha aggiunto il diplomatico vaticano alla Radio Vaticana – è che l’Iran è una parte integrante del dialogo e del negoziato che può portare alla pace o, almeno, alla cessazione immediata della violenza in Medio Oriente e in particolare, per quanto riguarda la Siria, trovare una risposta comune, coordinata e ragionevole da parte della comunità internazionale al fantomatico Stato islamico, che porta solo male e conseguenze negative non solo nella regione, ma anche in altre parti del mondo”.

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